Antiche cappelle funebri del Cimitero Monumentale di Napoli, nel quartiere Poggioreale, rivendute illecitamente, attraverso la compilazione di atti falsi ad opera di un notaio. Il processo di primo grado, scaturito dallo scandalo della compravendita dei loculi che nel giugno del 2015 portò all’esecuzione di perquisizioni e sequestri da parte della Guardia di Finanza, si è concluso oggi con dieci condanne a pene varianti dai sei a un anno di reclusione. Il Tribunale ha accolto le richieste del pubblico ministero Ludovica Giugni, titolare dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli.
Nella vicenda sono coinvolti titolari di agenzie funebri e diversi dipendenti comunali, accusati a avario titolo di reati che vanno dal falso alla truffa alla associazione per delinquere. La pena più alta, sei anni di reclusione, è stata inflitta al notaio Filippo Improta destinatario nel 2015 di una misura cautelare di sospensione di sei mesi dall’attività professionale. Tommaso Arcucci, Nunzio Assante, Vincenzo Tammaro e Falice Varriale sono stati condannati a quattro anni, Gennaro Guida e Gennaro Reale tre anni e sei mesi, Vincenzo Bisogni a 3 anni e tre mesi, Rosario Dominech a due anni e Alberto Patruno a un anno e sei mesi. Patruno è stato in passato in presidente della seconda Municipalità, quella Vomero-Arenella.
L’inchiesta venne avviata dalla procura nel 2012 dopo la denuncia presentata da una famiglia che, tornata a Napoli dopo una lunga assenza, trovò che la loro cappella era stata lussuosamente ristrutturata con tanto di cancello all’ingresso, lavori realizzati dopo che erano state portate via le salme dei propri cari. Il notaio è accusato di aver redatto atti falsi per favorire la compravendita illecita. Le cappelle non possono essere vendute: i titolari, in caso di rinuncia, sono tenuti a informare il Comune affinché si possa procedere a una nuova assegnazione e alla riscossione del prezzo per la nuova concessione. Secondo gli inquirenti, esisteva un consolidato sistema di truffe anche grazie al ruolo di «informatori», tra cui dipendenti comunali, che segnalavano le cappelle e i loculi – alcuni risalenti all’800 – che difficilmente sarebbero stati reclamati dai discendenti.
lunedì, 27 Novembre 2017 - 23:05
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