La calma è solo apparente. Un velo che sembra coprire i sussulti e le paure di un intero rione: Miano. Qui abitavano gli elementi di spicco del gruppo Mallo-Russo, il clan meteora che per quasi un anno ha sfidato i senatori della camorra a suon di sventagliate di Ak47. Giovani, senza scrupoli e intenzionati a prendere in mano l’affare dello spaccio di droga dal Rione Don Guanella a Piscinola: così venivano descritti. In poco più di 24 mesi la situazione è cambiata radicalmente, con un deciso ritorno in campo dei vecchi padrini. A Miano non c’è anima viva in strada, dopo le 22. Solo tanti occhi pronti a scrutare dietro le persiane. Il silenzio della notte viene ancora di tanto in tanto volta interrotto dal rombo di un motore di una moto di grossa cilindrata. Gli sbirri non sono graditi. Lo testimoniano i murales che ogni dieci metri marchiano il territorio con la scritta “Acab”, acronimo di All cops are bastard: tutti i poliziotti sono bastardi. La scritta più grande campeggia tra due leoni di marmo messi a protezione (decorativa) dell’ingresso di un palazzone popolare alla II Traversa di via Janfolla. «Qui viveva Carlucciello, questa è la sua zona» poche parole per identificare quello che gli inquirenti descrivono come il feudo del clan Lo Russo. A cento metri da quei leoni mercoledì sera un commando di killer ha aperto il fuoco trucidando Antonio Mele e Biagio Palumbo. Sono le 19.20 quando i due uomini raggiungono II Traversa Janfolla a bordo di una Peugeot 307 di colore grigio. L’auto ferma la sua corsa davanti al portone dello stabile dove vive Palumbo. Avviene tutto in pochi istanti. I killer – secondo una prima ricostruzione agiscono due persone – sbucano dall’androne di un palazzo adiacente e raggiungono a piedi l’auto. Si avvicinano a passo svelto e giunti a meno di due metri dalla parte posteriore della vettura iniziano a sparare. I primi proiettili si infrangono sul lunotto. Uno dei sicari si porta dal lato guidatore e fredda con una pallottola al centro della fronte Antonio Mele; l’altro killer senza mai smettere di sparare centra la portiera lato guidatore dove siede Palumbo. Quest’ultimo accenna un tentativo di fuga aprendo lo sportello ma viene investito da una una serie di proiettili e tenta, invano, di ripararsi. Morirà col capo chino verso il cruscotto e le mani incrociate sul corpo. Subito dopo il raid i killer si dileguano a piedi, attesi con molta probabilità, da un’auto di appoggio per la fuga. Sull’isolato cala il silenzio, un silenzio che caratterizzerà l’intera fase di accertamenti svolti successivamente dai carabinieri. In strada non scendono parenti, ai balconi poche persone osservano. Non un pianto, né urla. Così si muore in terra di camorra.
giovedì, 8 Febbraio 2018 - 13:17
© RIPRODUZIONE RISERVATA