Nel Pd partenopeo la resa dei conti non arriva mai. Matteo Renzi docet: mentre tutta Italia credeva nelle sue dimissioni dopo lo schianto del partito alle Politiche, lui s’è presentato in conferenza stampa offendendo gli elettori, sfidando la minoranza del partito che lo vuole, da tempo, fuori dalla dirigenza, dettando la linea politica di un gruppo politico che ha fatto cilecca («Mai coi 5Stelle al Governo), e rimandando a dopo il Congresso, che lui stesso ha chiesto di convocare, la consegna delle dimissioni.
In Campania accade lo stesso. Assunta Tartaglione, segretario regionale del Pd, annuncia le sue dimissioni in mattinata ma dopo una lunga discussione con i componenti della segreteria fa il passo indietro: intendo lasciare ma se ne parla dopo il Congresso (regionale in questo caso). E per giustificare la sua danza del gambero, un passo avanti e due indietro, chiama in causa proprio Matteo Renzi, di cui è la pupilla: «Alla luce del percorso avviato dal segretario nazionale uscente, ho altresì ritenuto di seguire lo stesso iter, avviando il percorso per la convocazione del Congresso regionale. Il quadro politico che esce dalle urne è chiaro e ciascuno, a partire da me, deve assumersi le proprie responsabilità».
Nel Pd, dunque, si ha l’abitudine di temporeggiare. A livello nazionale, ma soprattutto a Napoli città. Qui, da almeno due anni, i dem navigano sfidando la tempesta. La tempesta di una guerra tutta interna cominciata con la maledette elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Napoli che, alla fine di un tribolato tira e molla, ha portato all’addio di Antonio Bassolino. Una tempesta che ha assottigliato il bacino di elettori, inchiodando il Partito Democratico a una sconfitta annunciata prima alle amministrative del 2016 e adesso alle Politiche. Eppure la resa dei conti, o meglio l’assunzione di responsabilità, non arriva mai.
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martedì, 6 Marzo 2018 - 17:31
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