Fuori, per propria volontà, dall’Associazione nazionale magistrati, Piercamillo Davigo, il giudice che tuona contro i politici, che ha parole sempre assai severe nei confronti dei colleghi, tenta adesso l’assalto al Consiglio superiore della magistratura in vista del rinnovo del Consiglio che si terrà a inizi luglio. Lo stile di ‘censore’, che mai l’ha fatto vedere di buon grado dalle storiche correnti della magistratura, è sempre lo stesso e Davigo, che guida la giovanissima corrente ‘Autonomia&Indipendenza’ (quella nata nel 2015 da una scissione di Magistratura indipendente), lo sfodera nei convegni in cui viene invitato. E’ accaduto anche ieri. In pieno clima da campagna elettorale, Davigo attacca a testa bassa il Csm, puntando l’indice contro il sistema delle nomine a incarichi di vertice degli uffici giudiziari: «Non ci sono più regole – dice nel corso del convegno ‘Il Momento del Cambiamento: proposte per un nuovo Csm’ organizzato nella Sala Europa della Corte d’Appello di Roma – Non è comprensibile quello che fa. Nessuno riesce a capire perché viene nominato uno piuttosto che un altro in incarichi direttivi. Fanno come gli pare, mi aspetto la nomina di un cavallo, come fece Caligola». Critiche all’attuale Csm anche da parte di Giuseppe Marra, magistrato della Corte di Cassazione: «Non ha fatto nulla per risolvere i problemi della quotidianità dei magistrati soprattutto sui carichi di lavoro che schiacciano i colleghi». Anche il sostituto procuratore generale presso la corte di cassazione, Alessandro Pepe, ha parlato di «un Csm distante dai magistrati. Non c’è più battaglia di carattere culturale, le correnti si gestiscono e si spartiscono i posti». Sebastiano Ardita procuratore aggiunto Catania, a margine dei lavori, ha invece criticato la riforma penitenziaria: «Da una riforma del genere mi aspetto che si occupi del sistema penitenziario. Questa riforma non guarda alla vita penitenziaria perché non porta a un processo di rieducazione, non garantisce ai funzionari del sistema penitenziario la necessaria operatività. Occorre quindi lavorare per garantire risorse umane».
Proprio in aperta contrapposizione ad alcune scelte del Csm, Piercamillo Davigo e i suoi 2 uomini entranti nel ‘parlamentino’ delle toghe hanno lasciato la giunta dell’Associazione nazionale magistrati a solo un anno di distanza dal rinnovamento delle cariche all’interno del ‘sindacato’. Era il luglio dello scorso anno, e Davigo – cui era spettato il primo anno di reggenza dell’Anm per essere stato il primo degli eletti – lamentò che esiste «una divergenza sostanziale sul ruolo dell’Anm, che non può ignorare il disagio dei colleghi di fronte all’incomprensibilità delle decisioni del Csm» sugli incarichi direttivi. Una posizione netta, che Davigo conserva ancora oggi. Una posizione che diventa la cifra di una campagna elettorale che l’ex pm di Mani Pulite poterà avanti sino a luglio, quando finalmente i magistrati saranno chiamati al voto per eleggere il nuovo Csm nella componente togata.
mercoledì, 18 Aprile 2018 - 10:37
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