Inchiesta sul traffico di droga dall’Olanda, dialoghi choc del carabiniere infedele: «Quello mi deve dare i soldi»

Le indagini condotte dai carabinieri
di Manuela Galletta

«Lazzaro, un piacere grande non si può fare?». L’orologio segna 10 minuti dopo le sei del pomeriggio. E’ il 24 novembre dello scorso anno. Lazzaro Cioffi, brigadiere in servizio al nucleo investigativo di Castello di Cisterna, e il malavitoso del Parco Verde di Caivano Pasquale Fucito, si incontrano nella pasticceria di Ciro Astuto, quotato pure lui nell’ambito del ‘sistema’. E’ Fucito ad averlo convocato. Per un’urgenza. Un problema che scotta. «Lazzaro un piacere grande non si può fare?», chiede. Il piacere riguarda una perquisizione che sta per essere eseguita al Parco Verde a casa di una persona vicina a Fucito. «Dentro quella casa ci sono 18mila euro, che devono essere dati a me…», spiega. E aggiunge che la perquisizione stanno per effettuarla tre carabinieri che lavorano da tempo fianco a fianco con Cioffi. «Sta uno all’entrata, uno di qua e un altro di là… Stanno aspettando che viene la signora (che deve aprire la porta, ndr)», aggiunge Fucito. Il «piacere grande» è presto detto: «Se entrano se li prendono (…) Me la accolla a me la perdita di questo», dice il malavitoso riferendosi ai soldi. Non c’è bisogno di aggiungere altro. Fucito vuole che Lazzaro Cioffi blocchi la perquisizione. E gli suggerisce pure le possibili scuse da inventare per stoppare l’intervento dei carabinieri: «Gli dicevi venite un poco al bar… ». Cioffi ascolta, poi chiede informazioni su chi abita nella casa oggetto del controllo. Fucito gli spiega che «Mantiene i soldi» ma che «a livello di droga non ha niente».
E’ a questo punto che l’intercettazione ambientale restituisce l’inimmaginabile, restituisce la prova che tra il brigadiere Cioffi e il malavitoso Pasquale Fucito ci sia un rapporto che va al di là del legame tra un esponente delle forze dell’ordine e un confidente; restituisce la prova che tra i due esista «un rapporto deviato» per dirla con le parole degli inquirenti. Il brigadiere prende il suo telefono cellulare e fa partire una telefonata. Poi una seconda. E una terza. Sì, il militare dell’Arma – che in quell’occasione è in congedo – cerca disperatamente di contattare due dei tre carabinieri impegnati nella perquisizioni. Rendendo conto a Fucito, in tempo reale, dei tentativi andati a vuoto, perché il cellulare di uno non prende e l’altro non risponde. «Non mi rispondono», sbotta. Poi la chiamata al terzo carabiniere, che risponde e l’interrogatorio che Cioffi fa al collega per capire cosa stiano facendo. Risultato: Cioffi si reca sul posto. Per provare a bloccare i colleghi, aggiungono gli inquirenti. Ma alla fine nulla può, perché il maggiore del nucleo investigativo ha inviato altri due militari a supportare l’operazione. Operazione che si conclude col sequestro di ben 43mila euro. Ne segue, tuttavia, la rabbia di Cioffi all’indirizzo dei suoi colleghi, rei di non averlo avvisato prima ancora di eseguire l’intervento.
L’episodio è più che sufficiente a far drizzare le antenne degli inquirenti. Ma ci sono altre due intercettazioni, di assoluta gravità, che spingono i magistrati della Dda ad affermare con assoluta certezza che Cioffi sia un carabiniere infedele, che abbia addirittura «uno spessore criminale» notevole. Sempre il 24 novembre e sempre in relazione alla perquisizione eseguita, Fucito chiede a Cioffi di scoprire chi è la fonte confidenziale che ha consentito l’operazione. «Fammi sapere chi è, ti devi far dire chi è…». E Cioffi esegue. Prova veramente, come rivelano le seguenti intercettazioni, ad estorcere la notizia ai colleghi. Senza esito, però. Il lavoro di Cioffi invece ha dei frutti quando il carabiniere consiglia, senza giri di parole, al suo amico malavitoso di cambiare la società presso la quale noleggiavano le auto, ché lui ha il sospetto che in quella società c’era qualcuno che, d’accordo con qualche esponente delle forze dell’ordine, vi piazzava delle ‘cimici’. «Le macchine non te le prendere da quello – dice Cioffi – Quello è compagno della …. mettono le cose dentro, perché quello ti mettono una cosa in testa… già il fatto con Tonino, no? (un malavitoso arrestato grazie a una microspia in macchina, ndr) Ma questi come misero la microspia lì dentro?». Per la Dda è la prova che Cioffi forniva anche indicazioni su come depistare eventuali indagini. La prova di un’infedeltà che veniva puntualmente ricompensata. Lo hanno dichiarato i pentiti Andrea Lollo e Nunzio Montesano che hanno riferito di aver saputo che Lazzaro Cioffi era a libro paga di Fucito. Ma lo afferma lo stesso Cioffi in un’intercettazione: «Se non molla i soldi questo mese se ne va a quel paese, che mi deve dare i soldi», sbotta. Cioffi è contrariato per un ritardo nei pagamenti di Fucito, e ne parla in modo acceso col diretto interessato, arrivando a minacciarlo: «Guagliò, io ti faccio vedere che significa: vai vai, ti aggiusto io per le feste… Vai vai non ti preoccupare». Il dialogo è datato 4 novembre 2017. I due sono in macchina insieme. Al volante c’è Cioffi che sta accompagnando Fucito a fare visita all’amante ricoverata in un clinica nel Casertano. Il carabiniere autista del malavitoso. E’ l’immagine peggiore di una storia che non si presta a interpretazioni.

sabato, 21 Aprile 2018 - 12:31
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