Alle domande del giudice per le indagini preliminari Linda D’Ancona che li ha fatti finire in prigione hanno deciso di non rispondere. Nessun contraddittorio. Nessun botta e risposta. Tuttavia i tre fratelli Esposito, imprenditori partenopei con amicizie nel mondo dei vip e soprattutto in quello dei calciatori, hanno voluto mettere a verbale la loro posizione sull’accusa di intestazione fittizia, con tanto di aggravante della matrice camorristica, che da mercoledì scorso li ha privati della libertà. E l’hanno fatto sfruttando lo strumento delle dichiarazioni spontanee, vale a dire un breve monologo.
Gabriele Esposito, quello già gravato da una condanna (non definitiva) a sette di carcere per associazione di stampo mafioso per la vicinanza ai Sarno-Palazzo (disciolti nel 2009), ha voluto chiarire il perché si è trovato ad intestare ad una terza persona, Diego La Monica (anche lui finito in prigione), il ‘Club partenopeo’ di via Coroglio diventato ritrovo esclusivo per i giocatori del Napoli, a cominciare da Pepe Reina che ha scelto il locale per la festa d’addio ai compagni di squadra. Difeso dagli avvocati Roberto Saccomanno e Domenico Dello Iacono, non ha negato la circostanza della titolarità interposta del bene – dato, tra l’altro, pacifico – ma ha tenuto a sottolineare che quella trasposizione di ‘quote’ era il solo strumento possibile per riuscire ad avviare un’attività imprenditoriale. «Giudice, io ho una condanna per associazione. Quando sono uscito dal carcere e sono andato in banca per aprire il conto corrente me l’hanno rifiutato perché avevo questi precedenti. Ecco, io con questi precedenti non avrei mai potuto fare impresa. Allora, una volta uscito dal carcere che possibilità avevo? Io volevo lavorare. Vede, Diego La Monica ha dovuto chiedere una concessione demaniale per il locale. Si immagini lei se fossi andato coi miei precedenti. Se ho intestato a Diego La Monica la società è solo per questa ragione. Non sapevo nemmeno del rischio del sequestro che avrei corso se l’avessi intestato a me a causa della mia condanna». Nessuna parola, invece, è stata fatta da Gabriele Esposito circa l’aggravante della matrice camorristica che è stata cucita al reato di intestazione fittizia di beni. Né è stato chiarito la provenienza dei soldi che hanno fatto da linfa per l’ascesa imprenditoriale, atteso che – e anche questo è un dato indiscutibile e documentale – Esposito ha un reddito ufficiale che rasenta la soglia della povertà.
Dei legami con Ettore Bosti del clan Contini non ha parlato neppure Giuseppe Esposito, fratello di Gabriele, che ha rapporti di amicizia acclarati col ras detenuto e con la moglie di quest’ultima, peraltro figlia del boss pentito di Miano Salvatore Lo Russo. Rapporti certificati dall’unica intercettazione agli atti dell’ordinanza cautelare che lega in modo diretto Giuseppe Esposito a Bosti: la moglie di Lo Russo chiede a Esposito di poter avere una maglietta firmata dai calciatori del Napoli per la festa del figlio. Quanto all’accusa di intestazione fittizia di beni, Giuseppe Esposito – anche lui difeso dagli avvocati Saccomanno e Dello Iacono – ha precisato di non essere un prestanome del fratello Gabriele, scenario invece disegnato dalla procura in relazione al centro scommesse in piazza Mercato, le cui quote attualmente fanno capo sulla carta alla moglie di Gabriele Esposito e a Giuseppe Esposito (in precedenza erano di Diego La Monica): «Tutti gli investimenti che ho fatto e le quote a me intestate sono mie. Frutto dei miei investimenti». Infine ha reso dichiarazioni Francesco Esposito, al quale viene contestato dalla Dda di essere il reale titolare, insieme al fratello Gabriele, delle quote del centro scommesse in piazza Mercato. Francesco Esposito ha, a tal proposito, rispolverato la contestazione a lui mossa nell’inchiesta di un anno fa che lo vide finire in prigione sino alla scarcerazione decisa dal Riesame per carenza di indizi: in quel filone si contestava ad Esposito di aver intestato fittiziamente a La Monica il centro scommesse. Oggi invece gli si contesta di averlo intasato alla cognata e al fratello che sono subentrati a La Monica. «Giudice, già un anno fa il Riesame ha detto che con questa intestazione di società io non c’entro niente. Se non c’entravo allora, come faccio ad entrarci adesso?». Il verbale di interrogatorio è chiuso. La difesa ha già depositato istanza di scarcerazione ai giudici del Riesame. Se ne parla tra due settimane.
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sabato, 12 Maggio 2018 - 13:57
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