I suicidi non si pubblicano, ci hanno insegnato. Ché c’è una dimensione del dolore così profonda, così lacerante, così intima, che val la pena fare un passo indietro. Per umanità, per rispetto. Rispetto verso chi non ce l’ha fatta a lottare col mostro della depressione, la principale causa di gesti estremi. Rispetto per chi resta, e dovrà affrontare il lutto. Eppure ci sono delle eccezioni, ogni regola ne ha una altrimenti non sarebbe tale. Ieri pomeriggio al Centro direzionale si è uccisa, dicono i poliziotti, una ragazzina di 15 anni. Si è uccisa non perché fosse malata (fisicamente, intendiamo), ma perché aveva maturato un disagio, evidentemente profondissimo, per via dei voti a scuola non buoni. Di fronte ad una storia così, è la nostra linea, non può valere la regola generale «i suicidi non si pubblicano». E non perché non ci sia rispetto nei confronti di una vittima così piccola. Non può valere la regola generale del silenzio, perché le ragioni che potrebbero aver spinto la 15enne a togliersi la vita sono la spia del disagio e della fragilità di una generazione che vanno resi noti, sui quali è doveroso discutere, per provare ad intervenire prima. Il triste elenco di vittime come Eleonora che abbiamo pubblicato vuole mostrare quanto un brutto voto a scuola, la competizione o semplicemente il deludere le aspettative dei genitori possa diventare insopportabile per alcuni ragazzini che hanno una sensibilità particolare. E’ per questo che abbiamo deciso di raccontare la storia di Eleonora, consapevoli di non averle mancato di rispetto. Di non aver ‘saccheggiato’ la sua vita. Quello, giornalisticamente, accade quando si pubblica la foto del corpo di Eleonora schiantato a terra coperto dal lenzuolo bianco. Quello, giornalisticamente, accade quando di fronte a una tragedia (qualsiasi essa sia) si comincia a rovistare sui social network e a rubare foto, commenti, per confezionare un pezzo. Noi vi abbiamo raccontato una storia, triste. Drammatica. Dolorosa. E abbiamo scelto di raccontarvela perché di Eleonora ce ne sono state troppe. Perché potrebbero essercene ancora. Perché c’è una generazione tormentata, e se parlarne può servire anche sola una volta a capire le angosce di chi ci sta accanto, allora su certe regole è bene derogare.
Il direttore e la redazione
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venerdì, 25 Maggio 2018 - 09:18
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