Il tricolore italiano ‘trascinato’ in due manifestazioni dal significato opposto. Sì, in un’Italia in pieno delirio di Governo succede anche questo. E succede a Napoli: capitale del Sud e degli eccessi. Città dimenticata dal ‘contratto’ gialloverde tra Di Maio e Salvini e poi usata per la ‘piazza’. Manifestare liberamente il proprio pensiero in un corteo è un diritto inviolabile e costituzionalmente tutelato, ma la bandiera avrebbero fatto bene a lasciarla a casa ben piegata in un cassetto.
E invece ‘no’, i ‘tifosi’ (pochi in verità) del Partito democratico e quelli (numerosissimi) del Movimento 5 Stelle l’hanno portata in strada e l’hanno fatta sventolare per motivi diversi. Anzi no, opposti. I primi hanno agitato il tricolore per difendere il presidente della Repubblica Sergio Mattarella («Indecenti gli insulti e le minacce di morte ricevute in questi giorni») e il suo ruolo istituzionale. I secondi per rivendicare il diritto a governare il paese e – anche se non lo dicono apertamente – per criticare la scelta del Capo dello Stato che ha bocciato l’ipotesi Savona al ministero dell’Economia. Uomo, tra le altre cose, scelto dalla Lega e su cui non c’è stato alcun margine di trattativa: né dal Carroccio, né dal premier incaricato Giuseppe Conte. Lo stesso Luigi Di Maio, lunedì sera a Porta a Porta, ha confessato che altri nomi non ne erano stati fatti. Beh, forse i grillini, invece che con Mattarella, dovrebbero prendersela con gli alleati del ‘contratto’. Ma questa è un’altra storia.
Ad aprire le ‘danze’ dei tumulti napoletani è stato il Pd. Parlamentari in carica ed ex, consiglieri regionali e comunali, insieme a esponenti del sindacato e cittadini hanno intonato l’inno di Mameli esponendo un cartello con la scritta ‘Grazie Presidente’. Tra i presenti anche Antonio Bassolino, che pur non avendo rinnovato la tessera del Pd ha voluto aderire alla manifestazione, che si è svolta in contemporanea con altri presidi promossi nei circoli, come chiesto dal partito nazionale. La segretaria regionale, Assunta Tartaglione, spiegando lo spirito della mobilitazione, ha attaccato Luigi Di Maio: «Somiglia sempre di più a Grillo – dice – un comico che per rubare la scena gioca continuamente al rialzo, mescolando insulti, bugie, annunci e smentite. L’Italia soffre e si sente delusa, presa in giro da chi aveva promesso il paese dei balocchi e ora gioca a fare il bullo con Mattarella».
Intanto, nel giorno più lungo per il futuro del Governo italiano, Luigi Di Maio programmava il gran ritorno nella sua terra natia: quella che gli ha concesso un plebiscito di voti permettendogli di sognare da statista. Mentre il premier incaricato Carlo Cottarelli usciva di soppiatto da una porta di servizio del Quirinale (pare che molti ministri indicati nella sua lista non abbiano dato la disponibilità), il capo politico dei grillini riorganizzava i fedelissimi. Prima a piazza Trieste e Trento, poi per motivi logistici in piazza Berlinguer. Ci vuole coraggio per tornare a Napoli dopo essersi consegnato alla Lega, che con il Sud ha poco a che spartire. Ma la politica funziona così e ad aspettare Di Maio c’erano migliaia di grillini e simpatizzanti. «Il governo del cambiamento poteva essere una grande occasione anche per rassicurare i mercati – ha detto Di Maio dal palco – noi siamo a disposizione con una soluzione ragionevole ma coerente con quanto fatto fino ad ora». «Abbiamo cercato con tutte le nostre forze di mettere in piedi, una squadra, un programma, ma ci è stato impedito di governare». Poi il leader grillino ha chiesto aiuto al suo popolo per «smentire la menzogna dell’Euro nata per impaurire le persone, irresponsabilmente». «Bisogna smentire questa balla – insiste – dovete darmi una mano. I risparmi degli italiani si tutelano rimandando al mittente i decreti sulle banche che li hanno mandato sul lastrico, bloccando la buona scuola, aumentando le pensioni e dando un reddito a chi ha perso il lavoro». Infine Di Maio, gli capita spesso nelle ultime settimane, ha fatto marcia indietro sull’ipotesi di impeachment al Presidente della Repubblica. «L’ipotesi non è più sul tavolo, perché Salvini non lo vuole», ha detto ribadendo di essere pronto a collaborare per un Governo con Mattarella. «La maggioranza parlamentare c’è».
Intanto in questo marasma generale l’ipotesi del voto anticipato, addirittura a luglio, è sempre più probabile. Cottarelli questa mattina si ripresenterà al Colle, ma già tutte le forze politiche parlamentari hanno fatto capire che non gli voteranno la fiducia. Il Pd in questo è stato più morbido facendo riferimento ad «un’astensione per imparzialità». In meno di 48 ore l’incertezza si è trasformata in disastro. Il temutissimo spread ha raggiunto picchi elevatissimi: ieri mattina addirittura ha toccato quota 320 con conseguente crollo della Borsa. In questa guerra di nervi è arrivata la stilettata del commissario europeo al Bilancio Gunther Oettinger: «La mia preoccupazione e la mia aspettativa è che nelle prossime settimane si vedrà che gli sviluppi saranno così drastici che ciò potrebbe essere un segnale agli elettori per non scegliere i populisti di destra e di sinistra». Un giornalista, improvvidamente, ha sintetizzato su twetter così: «I mercati insegneranno agli italiani a votare per la cosa giusta». Riecco spuntare tutti i nazionalisti, questa volta, però, la bandiera non se la sono portata dietro.
mercoledì, 30 Maggio 2018 - 09:27
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