I processi nelle tende roventi, le proteste di avvocati, giudici e personale amministrativo, il rischio crollo e il pericolo prescrizione. L’intera Giustizia italiana è umiliata dalla tendopoli allestita all’esterno del polo giudiziario di Bari, e non solo quella pugliese. Dimostrazione sono le lacrime di una dipendente amministrativa in occasione della visita di Alfonso Bonafede, quando la donna con voce rotta dal pianto ha rivolto al neo ministro alla Giustizia la sua richiesta di aiuto, «a nome di tutti gli operatori della Legge», mortificati, sviliti da questa brutta, indecente e vergognosa pagina.
Già, perché quella donna in lacrime è, sì, una dipendente amministrativa, da 43 anni, ma non lavora a Bari, bensì a Roma. Ed è membro dell’Usb nazionale, l’Unione sindacale di base. Si chiama Giuseppina Todisco, ha origini napoletane e un passato da cancelliere trascorso a Pordenone, prima che nella Capitale. Ama il suo lavoro che continua a svolgere con passione e determinazione nonostante le difficoltà, «che sono ovunque in Italia» dice. Motivo che – ci racconta – già nel 2011 l’ha spinta a schierarsi al fianco dei colleghi baresi, inviando un «libro bianco sulle pecche e precarietà» del palazzo di giustizia, «per evitare che si arrivasse all’emergenza attuale». Per chiedere un provvedimento che «salvaguardasse la salute dei lavoratori». «L’instabilità del polo giudiziario – così la sindacalista – era una cosa risaputa. Segnalata in più occasioni. Non saremmo mai dovuti arrivare a questo punto, bisognava trovare un’alternativa già tempo fa».
Da quando il Palagiustizia di Bari è risultato inagibile, i processi, divenuti ormai semplici rinvii, si svolgono nelle tende. I bagni chimici installati nell’accampamento sono pagati dagli avvocati. E, soprattutto, il palazzo è stato sgomberato, ma solo parzialmente. «I dipendenti amministrativi – spiega Giuseppina Todisco – sono rimasti a lavorare lì dentro, in quella trappola». Nonostante le perizie tecniche parlino «di un palazzo che potrebbe – ricorda la sindacalista – accasciarsi su sé stesso senza segnali di preavviso». Gli avvocati, i procuratori generali, parte della magistratura, invece, «è stata trasferita altrove». «E’ una cosa paradossale che ai semplici dipendenti sia ancora consentito l’ingresso nello stabile pericolante – lamenta Todisco -, ma questo è indicatore di come viene considerato il personale giudiziario nel nostro paese». Quel personale che invece «manda avanti l’intera giustizia italiana» con un lavoro «oscuro», «perché oltre le sentenze dei magistrati, ci sono gli incartamenti, gli atti e i fascicoli da preparare e smistare». Ci sono «le mansioni che i cittadini non vedono e di cui forse neppure i giudici si rendono conto».
E lo spettacolo indecente di Bari rischia di rallentare e complicare quel lavoro oscuro e delicato. «I processi, o meglio i nelle tende e le carte da smistare a sedi separate – spiega la sindacalista – aumentano il rischio di prescrizione e il rischio di errori giudiziari. Pensate a quante carte possano perdersi, oppure a quanti fascicoli potrebbero essere sottratti da malintenzionati nel caos generale. E’ un pericolo questo che bisogna considerare visto il settore delicato». Dinanzi a questa “vicenda indecorosa» – per la cancelliera Giuseppina Todisco – non c’è altra soluzione che «l’emanazione di un decreto di sospensione dell’attività giudiziaria e dei termini di prescrizione dei processi», prima della «rapida» individuazione di «una sede unica sul territorio, e non dislocata in più sezioni». «Ci sarà – così ironicamente la sindacalista – pure un motivo per cui tendenzialmente procura e tribunale sono accorpati negli stessi edifici?». Un appello che il referente dell’Usb nazionale ha rivolto al nuovo ministro Bonafede, quasi in lacrime, giovedì durante la sua visita. «Ho apprezzato la sua umiltà e il suo mostrarsi vicino alle condizioni dei lavoratori – continua Todisco -, cosa che non avevo mai visto in vita mia. Ora però serve anche altro. Un decreto di sospensione e un polo giudiziario unico perché qui si sta giocando sulla pelle di persone che vivono situazioni drammatiche». Gente in carcere, gente che aspetta di essere giudicata, gente che invoca Giustizia. «Ma anche gente – conclude – che continua a lavorare in assenza di qualsiasi norma di sicurezza sul lavoro». Tutto questo in un polo giudiziario. Il paradosso.
sabato, 9 Giugno 2018 - 15:28
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