Colpito a martellate da un conoscente, Luigi è vivo per miracolo ma terrorizzato: «Il mio aggressore è ancora libero»

Ambulanza
di Manuela Galletta

I punti glieli hanno tolti lunedì mattina, la cicatrice sulla nuca gli resterà a vita. Il ricordo indelebile di essere vivo per miracolo. Martedì 11 luglio Luigi Carranante di Pozzuoli è stato colpito a martellate mentre camminava per strada. La notizia di cronaca è stata pure riportata, come fosse una ‘normale’ storia di aggressione.
Ma quella di Luigi Carranante non è una storia come tutte le altre. Quella di Luigi è la storia di un uomo impaurito. E’ la storia di una vittima che dalla Giustizia si aspettava una risposta che non è arrivata. E’ la storia di un sopravvissuto che ora è costretto a nascondersi, manco fosse lui il carnefice, mentre nei confronti del responsabile dell’«agguato» non è stato adottato alcun provvedimento. «Ho paura, non so che devo fare. Ma sembra che a nessuno interessi niente. Io ci potevo morire in quella strada», racconta. La strada in cui Luigi ha rischiato di perdere la vita è via Pergolesi a Pozzuoli. Luigi Carannante era a piedi quando il suo aggressore l’ha colpito alle spalle. «E’ sceso all’improvviso da una macchina che stava dietro di me. Non me ne sono neanche accorto. E me lo sono ritrovato addosso. Da lì in poi è stato un inferno. Ho pensato che non avrei più rivisto mia moglie e mio figlio», prosegue. Vincenzo D.V., l’aggressore, s’è scagliato su Luigi con tutta la sua forza, impugnando un martello che s’era portato appresso. Ci sono le foto che provano l’inaudita violenza con la quale D.V. s’è avventato su Carannante. Foto che abbiamo deciso di pubblicare, benché durissime, perché le immagini, a volte, sono più efficaci di mille parole. Luigi ha una cicatrice sulla nuca, laddove D.V. l’ha colpito col martello. E poi c’è l’impressionante scia di lividi sul corpo (perché è stato anche preso a calci) e le ferite sulle braccia, ché Luigi ha pure cercato di ripararsi dai colpi facendosi scudo con gli arti superiori.

«Io ancora non posso crederci», ripete al telefono. Dal giorno dell’aggressione Luigi ha paura di uscire di casa. Lui come la moglie. Vincenzo D.V. è una persona che hanno conosciuto, che hanno frequentato. E’ una persona che sa dove i coniugi Carannante abitano. «E se ci succede qualcosa? Se ci aggredisce ancora una volta? Chi ci protegge? Perché nessuno ci protegge? Stanno aspettando che la prossima volta invece di una martellata, io venga colpito dai proiettili o da un coltello?». Luigi è spaventato. E non a torto. Pochi giorni prima di essere aggredito in strada, la sua auto è stata bruciata. Era parcheggiata sotto casa quando le fiamme l’hanno distrutta, avvolgendo anche altre vetture ferme lì vicine. Sul responsabile del danneggiamento non c’è traccia, ma l’escalation di episodi ai suoi danni lo fanno vivere nel terrore. E poi c’è un precedente, una strana storia di tre anni fa che vede sempre Vincenzo D.V. protagonista. L’uomo venne ai ferri corti con un vicino di casa, un militare che oggi ha 40 anni. Litigarono per degli animali che erano nella disponibilità di D.V. Insulti, urla. Poi ad un certo, come racconta la vittima di quell’episodio che chiede il riserbo mediatico sulle sue generalità, D.V. e un’altra persona si introdussero nella sua abitazione e lo aggredirono con una catena. C’è un referto medico che prova l’aggressione. E anche in questo caso ci sono delle foto, che pubblichiamo: i segni sulla schiena, i lividi sulla spalla destra parlano da soli. Però non c’è una denuncia. E non perché il militare non si sia presentato a sporgere querela. «Io l’ho fatta, ma non è mai stata protocollata. Non si trova, non risulta. E’ come se io non l’avessi mai presentata, invece io l’ho fatta», racconta ancora oggi incredulo il militare. Ha avuto corso, invece, una denuncia che D.V. ha sporto in quella occasione contro il militare, accusandolo a sua volta di averlo aggredito e di averlo minacciato con una pistola. Pistola di cui hanno parlato dei parenti di D.V. ma che non è stata trovata durante una perquisizione mirata.  «Io non ho mai avuto una pistola. E’ un incubo», giura il militare. Tant’è, a seguito di quella denuncia il militare è finito sotto processo per lesioni con l’aggravante di un’arma illegalmente detenuta. E la prossima udienza si terrà a ottobre. Il legale del militare è riuscito a depositare agli atti il referto medico e le foto dell’aggressione, uniche prove che documentano l’ira di D.V. nei confronti del militare. Di quest’episodio del passato Luigi Carannante è a conoscenza. E per questa ragione, oggi, è più spaventato che mai. «Com’è possibile – si chiede – che una persona che ha dimostrato questo tipo di aggressività sia ancora libero?». Già, libero. Nei confronti di D.V. non sono stati adottati provvedimenti cautelari. Dopo l’accaduto in via Pergolesi, l’uomo è tornato alla sua vita di tutti i giorni. Luigi invece è sprofondato all’inferno. Per via delle martellate ricevute, non vede più bene all’occhio sinistro. «Ho come un velo davanti all’occhio», spiega. I medici sperano che si tratti di un trauma temporaneo. Anche Luigi se lo augura, ma sino a quando il problema non si risolverà Luigi dovrà conviverci. Con tutte le ripercussioni sulla sua vita. Adesso è in malattia, in ospedale gli hanno dato 20 giorni di prognosi. Ma poi dovrà tornare a lavoro. Angri è il posto che tutte le mattine raggiunge per poter svolgere il suo servizio. «Sono 55 chilometri che io percorro con la macchina. Io non vedo bene…. non so come farò.. anche adesso ho tanta difficoltà con la vista», racconta. Il vero timore di Luigi, tuttavia, è quello di potersi imbattere nuovamente in D.V. Di restare vittima della sua furia. Una furia, forse, generata da un equivoco, da un eccesso di gelosia. Una furia di cui Luigi porterà per sempre le cicatrici addosso.

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martedì, 24 Luglio 2018 - 14:51
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