Ispezioni nelle carceri, a partire da Poggioreale, dove il 29 luglio scorso un detenuto si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo. E’ quanto annunciato dal Ministero della Giustizia e dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Ispezioni, rende noto il dicastero di via Arenula, che saranno «l’avvio di una mirata attività ispettiva orientata a raccogliere tutti gli indispensabili elementi informativi (cause, dinamiche e modalità dei fatti) in riferimento ad ogni suicidio avvenuto dal 1 gennaio 2018 e rispetto ad ogni ulteriore evento futuro della stessa natura». Ben 24, dall’inizio dell’anno, i detenuti che si sono tolti la vita nelle nostre carceri. Un fenomeno che, prosegue la nota del Ministero, «impone un’attenta riflessione sulle cause e sulle origini che stanno alla base di questi gesti». Fatti da non sottovalutare anche per Francesco Minisci, presidente dell’Associazione nazionale magistrati che parla di un fenomeno «che richiede la massima attenzione e tutti gli approfondimenti necessari per comprenderne cause e motivazioni». Per il magistrato, infatti, la certezza della pena e la rieducazione «possono considerarsi davvero effettivi solo se per le pene detentive all’interno delle carceri (ma lo stesso vale per le misure cautelari) sono garantite condizioni di dignità e di umanità, principi costituzionali imprescindibili per il cui rispetto occorre adottare ogni intervento necessario». Non è solo l’elevato numero di suicidi a tenere nell’ombra il sistema carcerario italiano. Alle condizioni di detenzione non dignitose e al sovraffollamento dei carcerati si aggiungono, ad esempio, le carenze strutturali degli istituti detentivi o, ancora, le criticità in cui sono costretti ad operare gli agenti della polizia penitenziaria, pochi in numero rispetto alla popolazione carceraria. Gli ‘incidenti’ si verificano continuamente, da Nord a Sud, e vanno dal danneggiamento degli ambienti alle aggressioni ai danni dei poliziotti fino alle risse tra detenuti. Tra gli ultimi casi denunciati dal segretario generale dell’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), Leo Beneduci, quello che si è verificato solo pochi giorni fa nel carcere di Vigevano dove, all’interno del reparto infermeria, un detenuto ha dato fuoco a un materasso, ad un cuscino e a delle lenzuola. E’ stato allora che gli agenti sono stati costretti ad improvvisarsi pompieri spegnendo il rogo e mettendo in sicurezza gli altri detenuti. Hanno dovuto, però, prima bloccare il detenuto che ha cercato di impedire l’ingresso brandendo una lametta e procurandosi dei tagli agli arti inferiori. «Non è più procrastinabile un intervento delle autorità volto ad invertire la rotta che vede le carceri in balia di facinorosi che gettano continuo discredito sulla efficacia della risposta sanzionatoria dello Stato e sulla credibilità, di conseguenza, delle istituzioni, in primis quella penitenziaria», ha detto Beneduci insistendo sulle condizioni in cui gli agenti sono costretti a lavorare. Ma non sono solo le ‘intemperanze’ dei detenuti l’oggetto delle denunce dei sindacati. «Un grosso ratto che si aggirava per la casa circondariale di Marassi a Genova è stato trovato morto nell’intercinta del carcere: una situazione di degrado e insalubrità», ha fatto sapere il Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria), per il quale «ci si dovrebbe vergognare per come viene lasciato allo sbando il personale, in condizioni insalubri, indecenti e vergognose. Da tempo denunciamo inascoltati che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della polizia penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale».
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lunedì, 13 Agosto 2018 - 10:28
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