Matteo Salvini non ha dormito tutta la notte. Lo smacco subito mercoledì sera dalla maggioranza giallo-verde alla Camera, dove peraltro la maggioranza ha numeri fortissimi, sul ddl anticorruzione – targato Bonafede – è qualcosa che non va tollerato. Analizzando i numeri della votazione (segreta) che ha di fatto dato il via libera ad un emendamento, proposto da un esponente del gruppo Misto (Catello Vitiello, ironia della sorte un espulso grillino), è evidente che all’interno della maggioranza ci sono stati dei ‘franchi tiratori’. Persone che, facendosi scudo dietro il voto segreto, si sono smarcate dalle rigide indicazioni delle rispettive scuderie e hanno fatto l’esatto opposto. Ecco perché ieri pomeriggio, alla ripresa alla Camera dei lavori sul Ddl anticorruzione, Matteo Salvini s’è presentato in Aula sin dal primo minuto. E da lì non si è mosso. «E’ un segnale forte rivolto ai suoi», si sussurra. Se i franchi tiratori siano stati nella Lega oppure nell’ala dei Cinque Stelle più vicina al presidente della Camera Roberto Fico, non è dato saperlo. Ma proprio data l’impossibilità di dare un nome e cognome a chi è venuto meno ai patti, Salvini ha deciso di fare il duro. Anche per dare sicurezza agli alleati (che ieri mattina alle 9 sono stati convocati da di Maio per una riunione urgente) ed evitare così sgambetti, per dispetto, dai Cinque Stelle sul via libera definitivo al ‘decreto sicurezza’, che invece è un cavallo di battaglia di Salvini. Non più tardi di 24 ore fa, quando il Governo è andato sotto alla Camera in maniera del tutto inaspettata, Salvini ha urlato: «O si approva il decreto sicurezza entro il 3 dicembre o salta tutto». Il punto è che Salvini e Di Maio si sono giurati lealtà rispetto al sostegno dei reciproci ‘pacchetti’ di riforme, e dunque se i grillini dovessero sentirsi in pericolo sul piano ‘anticorruzione’ potrebbero far infrangere i sogni del leader del Carroccio sulla sicurezza.
Ricapitoliamo, dunque, lo strappo che si è consumato mercoledì sera partendo proprio dall’emendamento di Catello Vitiello, avvocato penalista di Castellammare di Stabia (nel Napoletano) e giunto in Parlamento grazie ad una candidatura proprio nei Cinque Stelle, movimento che ha poi dovuto mettere alla porta il suo uomo perché questi è appartenente una loggia massonica (il che confligge con il codice deontologico grillino). Vitiello ha presentato un emendamento che riprende in buona parte la proposta di modifica che in Commissione era stata ribattezzata salva-leghisti, dal momento che poteva incidere su alcuni processi in cui sono coinvolti, per esempio, il vice ministro Edoardo Rixi o il capogruppo a Montecitorio Riccardo Molinari. La modifica, nello specifico, interviene sull’abuso d’ufficio e ridefinisce in modo restrittivo il peculato. Su questa modifica si era appunto verificato un durissimo scontro tra Lega e Cinque Stelle in commissione, dopo che il Carroccio aveva depositato un simile schema di modifica, tanto è vero che alla fine la Lega s’è trovata costretta a rinunciarvi per cercare di non far saltare l’intero pacchetto ‘Ddl corruzione’.
Mercoledì sera, però, al momento del voto è successo di tutto. Anzitutto si è votato con scrutinio segreto e questo in accoglimento della richiesta avanzata da Forza Italia. Proprio lo schermo del voto segreto ha sparigliato le carte. I ‘sì’ all’emendamento sono stati 284, mentre i ‘no’ sono stati 239. Ora si deve tenere conto che la maggioranza, sulla carta, dispone di ben 345 voti. Molti però erano assenti: non c’erano nove esponenti della Lega e neppure nove esponenti dei Cinque Stelle. Ora, se si considera che forse a votare contro la norma sono stati quelli del Pd (a voler prendere per buona la loro versione), viene fuori che all’interno della maggioranza ci sarebbero stati oltre una trentina di franchi tiratori. Circostanza che mercoledì sera ha acceso gli animi tra Lega e Cinque Stelle, che subito si sono lanciati nella caccia alle streghe. «Volete una lettura? Sono stati i fichiani, cercano una scusa per non votare il dl sicurezza», ha affermato dopo il voto il deputato della Lega, Igor Iezzi. Francesco D’Uva, capogruppo dei Cinque Stelle, ha invece puntato il dito contro l’amico-nemico, cavalcando un semplice ragionamento logico: se c’è un colpevole è più facile che sia all’interno della Lega, considerato che il primo a cavalcare quel tipo di emendamento era stato proprio il Carroccio, e considerato che al suo interno ci sono parlamentari che trarrebbero beneficio dalla norma, a partire dal capogruppo della Lega Riccardo Molinari (ha una condanna a 11 mesi per peculato) che i grillini sospettano essere il vero regista prima dell’operazione di deposito del nuovo emendamento presentato da Vitiello e poi dei ‘franchi tiratori’. Molinari ha smentito, ovviamente. Ma Dell’Uva ha insistito: «Di certo una cosa del genere non capita per caso, è organizzata! Ricordate che l’emendamento era stato presentato dalla Lega in commissione e poi ritirato perché c’erano le vicende di Molinari, Rixi e Cota… E ora è stato ripresentato da Catello Vitiello». (Questo servizio è stato pubblicato sull’edizione di oggi, giovedì 22 novembre, nel quotidiano digitale che è disponibile solo su abbonamento. Se la nostra informazione vi soddisfa, accedi alla nostra sezione ‘Sfoglia il Quotidiano’ e scegli di seguirci sul quotidiano digitale).
giovedì, 22 Novembre 2018 - 13:00
© RIPRODUZIONE RISERVATA