Da un lato le dichiarazioni del pentito Salvatore Belviso e dall’altro le intercettazioni, telefoniche e ambientali. Le accuse all’imprenditore stabiese Adolfo Greco, finito in carcere stamattina nell’ambito di una più ampia attività di inchiesta per estorsione su diversi clan attivi nei comuni di Castellammare di Stabia, Pompei e Gragnano, poggiano su questi due perni. Le intercettazioni sono centinaia e il loro esame ha spinto il giudice per le indagini preliminari Tommaso Perrella della 39esima sezione penale del Tribunale di Napoli (che ha deliberato l’arresto dell’uomo) a sottolineare come Adolfo Greco godesse di «rispetto e stima» all’interno dei clan cui era legato. A parere del giudice la considerazione verso Greco da parte di alcuni esponenti della camorra «emerge in modo lapalissiano». Tanto è vero, rileva il giudice, che non era Greco a recarsi dai camorristi, bensì il contrario. Erano loro recarsi da lui previo appuntamento telefonico. E gli incontri, viene sottolineato, avvenivano o presso la sua società o presso la sua abitazione. Proprio quell’abitazione dove stamattina i poliziotti, nel corso di una perquisizione, hanno rinvenuto in un vano segreto ricavato nel muro due milioni di euro in contanti. Nel corso della perquisizione gli agenti della Squadra Mobile di Napoli hanno acquisito anche diverso materiale che hanno infilato in alcuni sacchi nero portati in Questura. Finisce così, per ora, la prima parte dell’inchiesta che vuole Adolfo Greco un imprenditore «border line». Uno di quelli che da vittima della camorra ne diventa fiancheggiatore riuscendo così ad ammortizzare i costi delle tangenti che era costretto a corrispondere. E’ stato proprio Salvatore Belviso, il pentito che svelò come la camorra uccise (nel febbraio 2009) il consigliere comunale Luigi Tommasino del Pd a Castellammare di Stabia, ad alzare il velo sulla figura di Adolfo Greco negli anni della sua collaborazione con la giustizia, dando il là ad un approfondimento investigativo conclusosi ieri con il trasferimento in carcere dell’imprenditore per due episodi estorsivi entrambi aggravati dalla matrice camorristica. Uno degli episodi contestati vede come vittima Giuseppe Imperati, titolare di un burrificio, e si è consumato tra l’aprile e l’ottobre del 2015. Ne rispondono in concorso i vertici del clan Afeltra: Raffaele Afeltra, Francesco Afeltra, Umberto Cuomo e Giovanni Gentile. L’altro episodio riguarda le pressioni esercitate sul titolare di una catena di supermercati, peraltro parente di Greco, affinché assumesse il figlio di Raffaele Carolei e nipote di Paolo Carolei. L’episodio è avvenuto nel novembre del 2015. (Leggi sul sito la cronaca del blitz, gli arrestati, lo scenario; disponibili anche le ultime news cliccando sul link; sull’edizione di domani del quotidiano digitale, giovedì 6 dicembre, gli approfondimenti dell’inchiesta. Per il leggere il quotidiano digitale occorre accedere alla sezione ‘Sfoglia il Quotidiano’)
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mercoledì, 5 Dicembre 2018 - 16:16
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