Due persone agli arresti domiciliari, altrettante sottoposte all’obbligo di firma. Un sequestro di beni per complessivi 28 milioni di euro. E indagini che arrivano a toccare anche pubblici amministratori. Sono i numeri dell’inchiesta battezzata ‘The Family’ che stamattina ha colpito l’imprenditore della logistica Giuseppe Barletta, presidente dell’omonimo Gruppo e un tempo azionista di maggioranza (ma non proprietario) dell’Interporto Sud Europa spa. Barletta è stato colpito da un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari spiccata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a corollario dell’inchiesta coordinata dalla procura della Repubblica sammaritana (guidata dal procuratore Maria Antonietta Troncone). Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza di Caserta che hanno eseguito i provvedimenti.
Ai domiciliari è finito anche un suo collaboratore. Le accuse contestate a vario titolo agli indagati sono di evasione fiscale, bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. Secondo l’impostazione accusatoria il gruppo imprenditoriale, esposto per debiti per circa 130 milioni, avrebbe «svuotato» le casse facendo transitare liquidità presso altre società con sede anche all’estero. Il gruppo Barletta ha realizzato anche il Centro commerciale Campania.
A seguito delle prime notizie stampa che hanno legato il nome di Barletta all’Interporto Sud-Europa, è arrivata una nota diffusa dalla società Interporto Sud Europa spa nella quale si precisa che «L’Interporto Sud Europa Spa è estraneo alla vicenda che ha coinvolto questa mattina Giuseppe Barletta. Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere e dalla Guardia di Finanza non riguardano la società Interporto Sud Europa spa. Abbiamo fiducia nell’operato della magistratura e ci auguriamo che si possa fare presto chiarezza su tutto».
Nel 2016 Barletta venne assolto dal Tribunale di Milano dall’accusa di evasione fiscale perché il fatto non sussiste. All’epoca la procura milanese gli contestò di aver indicato nelle dichiarazioni dei redditi 2009 e 2010 costi fittizi rispettivamente per 2,07 milioni di euro e 2,97 milioni al fine di evadere le imposte sui redditi. Questi costi, secondo l’ipotesi dell’accusa, non avrebbero potuto essere imputati alla Sep in quanto non sarebbero stati inerenti all’attività dell’impresa, essendo riferibili ad “attività esterovestite” (in particolare, riferibili a sub holding olandesi) e quindi non deducibili. La difesa dell’imputato durante il processo dimostrò l’esistenza dei costi e la loro corretta imputazione nel bilancio fiscale di Sep. La tesi della difesa fu recepita dal Tribunale di Milano che nel febbraio del 2016 mandò assolto Barletta. (Seguono aggiornamenti)
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giovedì, 14 Marzo 2019 - 10:02
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