Via dal Salone del libro di Torino la casa editrice Altaforte, vicina a Casapound, il cui editore Francesco Polacchi è indagato per apologia di fascismo. È l’ultimo round nello scontro sulla rassegna, in corso da giorni. Ma la bagarre non finirà qui: intorno alla polemica fascisti-antifascisti, si staglia il braccio di ferro tra alleati di governo. Il leader leghista Matteo Salvini, infatti, insorge per la cacciata di Altaforte («Siamo alla censura dei libri in base alle idee»), casa editrice del suo libro-intervista.
Agli antipodi il capo politico del M5S, Luigi Di Maio: «Il punto non è tanto che l’editore è di Casapound, ma che è andato a dire che l’antifascismo è il male assoluto quando la nostra Costituzione nasce sui valori contro il fascismo. Polacchi piomba al Salone. In barba all’esclusione, Polacchi stamattina era all’apertura della manifestazione, per tenere una conferenza stampa in diretta Facebook. L’editore ha annunciato il ricorso alle vie legali, contro la decisione degli organizzatori. Una rescissione contrattuale deliberata su richiesta di Regione e Comune, soci fondatori del Salone. Ma il governatore Sergio Chiamparino e il sindaco Chiara Appendino hanno anche firmato l’esposto in procura, all’origine dell’iscrizione di Polacchi sul registro degli indagati. L’editore, coordinatore di Casapound in Lombardia, non si era solo scagliato contro l’antifascismo («il male assoluto»), in un’intervista a La Zanzara su Radio 1.
Aveva completato il concetto, dichiarandosi fascista e proclamando Mussolini «miglior statista italiano». Parole che gli sono costate il taglio dalla kermesse e l’incriminazione prevista dalla legge Scelba. «La pietra dello scandalo – ha sostenuto lui – è il libro su Salvini, c’è un attacco al ministro dell’Interno che io comunque non voglio tirare per il bavero. Le mie dichiarazioni sono solo una scusa utilizzata per estrometterci, ritengo di essere stato denunciato per un reato di opinione, sono disponibile a incontrare i magistrati in Procura». A chiedere i danni è pronta anche la giornalista Chiara Giannini, autrice di “Io sono Matteo Salvini”, il libro nell’occhio del ciclone: «Stanno accostando la mia immagine al fascismo. Io sono quanto di più lontano esista». La sollevazione degli intellettuali. Al Salone di Torino mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, o se non vengo per niente? Parafrasando Nanni Moretti, il dubbio ha attanagliato molti partecipanti alla manifestazione, indignati dalla presenza di Altaforte. La campagna di boicottaggio montava da giorni, prima dell’esclusione della casa editrice di estrema destra.
Tra le defezioni il collettivo Wu Ming; il saggista Carlo Ginzburg; il fumettista Zerocalcare; il presidente nazionale dell’Anpi, Carla Nespolo. Lo scrittore Christian Raimo è arrivato a dimettersi da consulente editoriale della prestigiosa kermesse. «Ogni spazio pubblico – aveva spiegato – è oggi un luogo di battaglia, culturale, politica, civile, antifascista. Io andrò al Salone del libro di Torino, non più da consulente: la ragione per cui mi sono dimesso è che non voglio la presenza di editori dichiaratamente fascisti o vicini al fascismo, penso che il Mibac, ossia lo stato, debba tutelare questo diritto per tutti, e proteggere il Salone da ogni ingerenza fascista». Di segno opposto la posizione della scrittrice Michela Murgia, altra voce dell’intellighenzia: «Se Casa Pound mette un picchetto nel mio quartiere che faccio, me ne vado dal quartiere? Se Forza Nuova si candida alle elezioni io che faccio, straccio la tessera elettorale e rinuncio al mio diritto di voto? Se la Lega governa il Paese chiedo forse la cittadinanza altrove? No. Non lo faccio. E non lo faccio perché da sempre preferisco abitare la contraddizione piuttosto che eluderla fingendo di essere altrove». Un’idea che ha fatto proseliti sui social, con l’arrivo del trending topic #iovadoatorino.
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venerdì, 10 Maggio 2019 - 14:48
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