Terremoto giudiziario stamattina al Tribunale di Napoli. Un giudice partenopeo e altre quattro persone sono state arrestate dalla polizia di Roma. Contestati a vario titolo i reati di corruzione nell’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari, traffico di influenze illecite, millantato credito, tentata estorsione e favoreggiamento personale.
Nell’inchiesta, battezzata ‘San Gennaro’, emergono contatti tra gli indagati e appartenenti alla camorra. Gli agenti della squadra mobile di Roma stanno eseguendo anche una serie di perquisizioni a carico degli indagati. L’indagine è coordinata dalla procura di Roma perché Roma è competente sui reati contestati a magistrati napoletani.
I destinatari dei provvedimenti restrittivi sono: il giudice Alberto Capuano, che è attualmente in servizio a Ischia dove fu trasferito a seguito di un’altra rumorosa inchiesta – poi sfumata – nella quale fu coinvolto nel 2014 quando era all’ufficio gip a Napoli; il consigliere circoscrizionale della X municipalità di Bagnoli, Antonio Di Dio, di 66 anni (è stato eletto con la lista “Solo Napoli”, della coalizione che sosteneva il sindaco Luigi de Magistris); l’avvocato del foro di Napoli Elio Buonaiuto, di 71 anni e residente a Ottaviano; Giuseppe Liccardo, 31 anni, ritenuto vicino al clan Mallardo di Giugliano; e l’imprenditore 52enne Valentino Cassini, professionista nel commercio al dettaglio di prodotti via internet. Capuano, Di Dio, Liccardo e Cassini sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per l’avvocato Buonaiuto.
Per Capuano è la seconda inchiesta che lo vede coinvolto. La prima indagine, sempre coordinata dalla procura di Roma, si è poi conclusa tre anni fa con un decreto di archiviazione. Nell’ambito di quel filone, Capuano fu accusato di corruzione perché – secondo gli iniziali sospetti – aveva favorito i noti imprenditori del Nolano, i fratelli Ragosta, con misure e dispostivi blande (dalla misura cautelare in carcere a quella meno afflittiva con i domiciliari, fino agli obblighi di dimora) in cambio di lavori di ristrutturazione del centro estetico della moglie del giudice. Ma l’inchiesta è poi scemata e la procura di Roma l’ha chiusa proponendo l’archiviazione poi ottenuta dal gip di Roma.
Anche il nome dell’avvocato Elio Bonaiuto è già finito al centro di un’altra inchiesta risalente a circa 10 anni fa: il legale rimase indagato nella operazione ‘Manleva’ che verteva sugli interessi di un gruppo imprenditoriale, i Catapano, che secondo l’accusa proponeva ad aziende in difficoltà dei progetti di salvataggio – rivelatisi fraudolenti – ottenendo dei significativi compensi in contanti, in media il 15 per cento dei debiti dell’azienda da salvare, che poi regolarmente falliva. Questa inchiesta fu aperta a Padova. (Leggi il nuovo servizio: L’affondo del gip nei confronti del giudice arrestato: «Pastiere e viaggi in regalo, cercava di fare leva sui suoi colleghi»)
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mercoledì, 3 Luglio 2019 - 08:23
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