Quasi metà dei reati ambientali accertati nel 2018 si sono verificati nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Lo afferma il rapporto Ecomafia 2019 di Legambiente, presentato oggi a Roma. Lo scorso anno, si legge, nelle quattro regioni si è concentrato quasi il 45% delle infrazioni, pari a 12.597. Anche quest’anno la Campania domina la classifica regionale delle illegalità ambientali con 3.862 illeciti (14,4% sul totale nazionale), seguita dalla Calabria (3.240), che registra comunque il numero più alto di arresti, 35, la Puglia (2.854) e la Sicilia (2.641).
La Toscana è, dopo il Lazio che ha registrato poco più di 2.000 reati, la seconda regione del Centro Italia (1.836), seguita dalla Lombardia, al settimo posto nazionale. La provincia con il numero più alto di illeciti si conferma Napoli (1.360), poi Roma (1.037), Bari(711), Palermo (671) e Avellino (667). La Campania domina anche la classifica regionale delle illegalità nel ciclo del cemento con 1.169 infrazioni, davanti alla Calabria (789), Puglia (730), Lazio (514) e Sicilia (480). A livello provinciale, guidano la classifica Avellino e Napoli con rispettivamente 408 e 317 infrazioni accertate.
«Con questa edizione del rapporto Ecomafia e le sue storie di illegalità ambientale – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – vogliamo dare il nostro contributo, fondato come sempre sui numeri e una rigorosa analisi della realtà, per riequilibrare il dibattito politico nazionale troppo orientato sulla presunta emergenza migranti e far si’ che in cima all’agenda politica del nostro Paese torni ad esserci anche il tema della lotta all’Ecomafie e alle illegalità».
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giovedì, 4 Luglio 2019 - 14:13
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