Sospensione dalle funzioni e dallo stipendio, ma con la certezza di potere contare su un assegno alimentare pari a due terzi dello stipendio. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha deciso di allontanare il pm romano Luca Palamara dal suo lavoro, così come aveva chiesto il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio.
La decisione è stata assunta nell’ambito del procedimento scaturito dall’inchiesta di Perugia che, oltre a vedere indagato Palamara per corruzione (per presunti regali ricevuti dall’imprenditore Fabrizio Centofanti), ha scoperchiato le trame, cucite da Palamara, per condizionare le nomine dei capi di alcuni uffici di procura, tra le quali quella di Roma. E proprio alla luce delle intercettazioni che hanno visto Palamara protagonista mentre brigava per assicurarsi un successore di Giuseppe Pignatone che fosse di suo gradimento e per assicurarsi di trovare un nuovo capo di procura a Perugia che portasse avanti un esposto, firmato dal pm romano Stefano Fava, contro Pignatone e il suo aggiunto Paolo Ielo, il Csm ha aperto il procedimento disciplinare. Al pm romano è stato contestato l’aver violato i suoi doveri di «imparzialità, correttezza ed equilibrio» per aver messo le sue funzioni a disposizione dell’imprenditore Fabrizio Centofanti in cambio di viaggi e regali; ed era contestato anche un «comportamento gravemente scorretto» attuato nella riunione notturna del 9 maggio scorso, in cui, alla presenza dei deputati Pd Luca Lotti (che per via di questa storia si è autosospeso dal Pd) e Cosimo Mattia Ferri (magistrato prestato alla politica; era figura di riferimento di Magistratura indipendente) e 5 consiglieri del Csm, si era parlato ampiamente delle nomine ai vertici di alcuni uffici giudiziari, in particolare della procura di Roma, dopo il pensionamento di Giuseppe Pignatone. Tra le incolpazioni disciplinari anche le discussioni su «possibili strategie di discredito» del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, coordinatore proprio del procedimento Consip, e di “danneggiamento” del procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo (che negli scorsi mesi aveva chiesto l’arresto dei genitori dell’ex premier Matteo Renzi), uno dei tre candidati in lizza per il vertice della procura romana, assieme a Marcello Viola (pg nel capoluogo toscano) e a Franco Lo Voi, che guida la procura di Palermo. Sintetico il commento di Palamara, dopo la decisione del Csm: «Continuerò a difendermi nel processo».
Cinquant’anni, di origini calabresi ma romano di fatto, Palamara è stato una delle figure centrali dell’associazionismo giudiziario: Unicost è stata la sua corrente. A 39 anni Palamara è diventato il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, il più giovane presidente della storia dell’Anm. Nel 2014 è entrato al Csm come consigliere di Unicost. Durante i 4 anni di consiliatura ha fatto parte delle Commissioni piu’ importanti ed e’ stato anche membro effettivo della sezione disciplinare: in questa sede e’ stato relatore del procedimento a carico dell’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, poi trasferito a Torino.
Circostanza singolare dell’intera storia è che anche Riccardo Fuzio è finito al centro delle intercettazioni: dai dialoghi fin qui emersi, sembra che Fuzio abbia cercato di avvisare Palamara dell’inchiesta a suo carico. Una circostanza che ha spinto Fuzio a rassegnare le dimissioni con un anno di anticipo rispetto allo scadere del suo mandato per raggiunta età pensionabile. Fuzio andrà a via a novembre, un’uscita di scena repentina che gli consentirà di evitare un eventuale procedimento disciplinare.
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venerdì, 12 Luglio 2019 - 12:22
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