Carabiniere ucciso, coltello e abiti sporchi nella stanza dell’hotel da 170 euro a notte ‘Nodi’ sulla dinamica del furto del borsello

Il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ucciso a coltellate a Roma mentre era in servizio

Il coltello sporco del sangue del carabiniere Mario Cerciello Rega era nella camera d’albergo dove i due ragazzi statunitensi sono stati trovati ieri mattina. Era nascosto, dietro a un pannello a sospensione del soffitto. Anche i vestiti dell’assassino, sporchi di sangue, erano ancora lì, in quella stanza. Elder Lee Finnegan, autore materiale dell’accoltellamento, e Gabriel Christian Natale Hjorth, californiani entrambi, avevano conservato ogni cosa, forse sperando che a loro i carabinieri sarebbero arrivati troppo tardi. La vacanza in Italia era ormai terminata, ieri sera i due ragazzi sarebbero dovuti rientrare negli Usa con un volo da Roma che era già stato programmato. Ma i carabinieri sono stati bravi, veloci, chirurgici. Sono risaliti a loro nel giro di poche ore dall’aggressione a Mario Rega visionando tutte le camere nelle zona e risalendo al percorso fatto dai quei ragazzi, uno che con le meches bionde e il tatuaggio sul braccio (l’assassino) e l’altro con un ciuffetto viola.

E così alle dieci del mattino i militari dell’Arma hanno fatto irruzione in quella stanza al terzo piano di un hotel di lusso dove i due californiani avevano alloggiato durante il viaggio in Italia. Non due sbandati, ma ragazzi fortunati. Basti considerare che una stanza in quell’hotel costa 170 euro a notte. Due ragazzi fortunati, provenienti da famiglie agiate, che si sono rivelati senza scrupoli e senza cuore. Dopo avere accoltellato Mario Rega intorno alle 3 di ieri mattina, se sono tornati in albergo e si sono messi a dormire. Come se nulla fosse. Le foto pure circolate ieri mostrano i due ragazzi dal volto stravolto e stralunato. Forse per via dell’alcool bevuto (sul comodino c’era una bottiglia di birra) e, forse, per uso di droga. Quella droga che è stato il motore di una tragedia che è costata la vita a Mario Rega, 35 anni di Somma Vesuviana, e che ha dilaniato la famiglia del giovane carabiniere sposatosi appena 43 giorni fa.

Elder Lee Finnegan e Gabriel Christian Natale Hjorth hanno confessato nella tardissima serata di ieri, dopo oltre dieci ore di interrogatorio. Finnegan, il ragazzo con le meches, ha ammesso di avere accoltellato lui il carabiniere, ma sembra che abbia provato ad abbozzare una squallida scusa: non aveva capito che Rega (in borghese) fosse un militare, come se ciò possa essere una giustificazione a quelle sette coltellate che gli ha sferrato con violenza quando si è ritrovato di fronte Rega in via Pietro Cossa, nel residenziale quartiere Prati. Lì i due statunitensi ci erano arrivati perché avevano dato appuntamento alla vittima del furto di un borsello, un borsello che avevano rubato nella speranza di fare soldi facili da spendere in stupefacenti. Solo che, dalle poche informazioni filtrate, la vittima ha contattato i carabinieri, ha raccontato ogni cosa e così all’appuntamento si sono presentati due militari in borghese. Uno dei quali era Mario Rega.

Resta da capire, perché sul punto le informazioni sono contrastanti, il reale ruolo della vittima del borsello: c’è una versione – che pure circolava da ieri – secondo la quale la vittima del furto è un pusher (ma non si riesce a sapere con certezza di quale nazionalità, qualcuno dice italiana e qualcuna nordafricana), il quale aveva venduto ai due ragazzi aspirina invece di cocaina. Così, quando i due californiani si sono accorti dell’imbroglio, per ripicca gli hanno portato via il borsello contenente soldi e cellulare, e forse anche droga. Lui, a quel punto, ha chiamato sul suo telefonino, entrando in contatto con Elder Lee Finnegan e Gabriel Christian Natale Hjorth che gli hanno proposto uno scambio: 100 euro per riavere la refurtiva. Il pusher avrebbe dunque contattato i carabinieri, presentandosi come vittima di un furto e di un cavallo di ritorno ma omettendo la parte della droga. Una versione, questa, che però merita ancora una conferma ufficiale e che dunque va letta con i dovuti dubbi. Ché, nella giornata di ieri, le voci contrastanti su questa storia drammatica storia costata la vita a un uomo buono, sono state tante. Troppe. A partire dalla nazionalità dei due sospettati. Le agenzie di stampa hanno parlato di nordafricani e la voce non è mai stata smentita ufficialmente dalle forze dell’ordine. Questa circostanza ha innescato reazioni violente sia da parte di alcuni politici sia sui social network, divenuti un incubatore e al tempo stesso un amplificatore di odio.

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sabato, 27 Luglio 2019 - 11:26
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