S’era rotto un cavo di precompressione del calcestruzzo sul viadotto Pecetti, uno dei giganti dell’A26 (la Genova-Gravellona Toce) in Liguria. E quel danno rischiava di limitare il traffico, soprattutto dei mezzi pesanti. Sì, perché quel danno – sostiene oggi la procura della Repubblica di Genova nell’inchiesta sui report falsi relativo allo stato di salute di alcuni viadotti gestiti da Autostrade – era importante. Eppure il viadotto rimase aperto. Questo perché, tagliano corto gli inquirenti, fu alterata la verità sulla portata dei rischi conseguenti alla rottura del cavo. Una verità che – ricostruiscono gli inquirenti – era pure stata comunicata alla catena di comando da parte del tecnico A.C. (non indagato): era stato, infatti, segnalato un deterioramento della precompressione (dunque della tenuta) del 33%. Diceva A.C: «È tiratissima. E con un cantiere peggio stiamo… la verifica non è soddisfatta… più andiamo oltre e più rosicchiamo i margini di sicurezza».
Invece sulle carte finì che la percentuale di decompressione era pari al 18%. Non solo: il cavo in questione, dicono gli inquirenti, era uno dei cavi principali, invece nelle carte si attestò che era una di quelli secondari. Con questa correzione il viadotto rimase aperto e si consentì un trasporto eccezionale da 141 tonnellate che avvenne nella notte tra il 21 ed il 22 ottobre dello scorso anno. Secondo la procura a falsificare il rapporto fu Maurizio Ceneri, responsabile del settore controlli non distruttivi di Spea. Da ieri Ceneri è sospeso dall’esercizio della professione.
Scrive esattamente il gip Angela Nutini, che ha dato il via libera ai domiciliari per tre indagati e alla sospensione della professione, per un anno, per altri sei indagati: « «Maurizio Ceneri, responsabile del settore controlli non distruttivi di Spea, attestava falsamente nella relazione sulla sicurezza del Pecetti che il cavo rotto sull’impalcato era con ogni probabilità formato da 8 trefoli modificando l’originaria relazione che attestava correttamente che il cavo rotto aveva 12 trefoli (…) Attestava falsamente che la perdita di precompressione rilevata era del 18% (invece del 33%)». Per gli inquirenti non vi è dubbio che i dati fossero stati riportati correttamente, si sarebbe dovuto procedere al «fermo della circolazione». Invece «si redige una relazione positiva di transitabilità recependo una relazione falsa».
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sabato, 14 Settembre 2019 - 15:19
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