«La prescrizione non è più in discussione. Dal primo gennaio entra in vigore la nuova prescrizione, non ci sono i voti per cambiarla». Luigi Di Maio prova a mettere un punto fermo sul grande nodo della riforma della Giustizia targata Bonafede. Lo fa di domenica dal ‘salotto’ televisivo di ‘Non è l’Arena’ su La 7, e lo fa in una giornata in cui proseguono gli assalti di Forza Italia affidati ai parlamentari Enrico Costa e Francesco Paolo Sisto e si registra, dal lato del Pd (che ormai siede in maggioranza) la forte, ma quasi isolata, resistenza del giurista Franco Vazio, vicepresidente della Commissione Giustizia alla Camera.
Dai vertici del Pd non c’è infatti una chiusura netta a quella riforma né una forte e chiara pretesa, rivolta ai grillini, di intervenire per cambiarla. Neppure da Renzi è arrivata una indicazione in tal senso, eppure l’ex ‘rottamatore’ ieri ha finalmente parlato del tema ‘giustizia’ esprimendo però il suo favore esclusivamente per il sorteggio come metodo per scegliere i componenti togati del Csm. Il sorteggio, per inciso, è la strada indicata da Bonafede mentre il Pd è contrario a questa soluzione. Per provare a comprendere se, come dice Di Maio, la riforma della prescrizione non è in discussione, facciamo un passo indietro, partendo da venerdì, giorno del vertice che si è tenuto a Palazzo Chigi tra il premier Conte, Alfonso Bonafede e il vicepresidente del Pd Andrea Orlando cui i ‘dem’ hanno delegato la cura della riforma giallorossa sulla giustizia.
All’esito dell’incontro Bonafede e Orlando rilasciano le prime dichiarazioni. Nelle parole di Orlando, e pure in quelle del sottosegretario Andrea Giorgis, non c’è traccia del termine prescrizione. Invece Bonafede, compulsato sul punto dai giornalisti, chiarisce che «La modifica della riforma della prescrizione non è tra gli obiettivi» e sottolinea come «l’unico punto di divergenza» tra Pd e Cinque Stelle sia rappresentato dall’ipotesi del sorteggio al Csm. Dalle file di Forza Italia, a questo punto, si levano i primi attacchi verso i giallorossi: Enrico Costa parla di governo delle «manette» (espressione che sabato è stata rilanciata da Silvio Berlusconi), mentre Francesco Paolo Sisto definisce la riforma «vuotamente e drammaticamente targata 5 Stelle» affermando che «ai propositi evanescenti di ‘pseudo rivoluzione’ si accompagna una sola, vergognosa certezza: il Pd, pur di avere accesso alle 500 nomine governative, non esiterà a ratificare la norma più incostituzionale degli ultimi anni, quella che, cancellando la prescrizione, travolge la ragionevole durata del processo e, in barba all’articolo 111 della Costituzione, condanna gli italiani all’ergastolo processuale».
Solo pochi minuti prima delle 4 di pomeriggio arriva una prima dichiarazione del Pd sul tema prescrizione. La rilascia il sottosegretario Giorgis: «Durante l’incontro sono emerse anche questioni che dovranno essere ulteriormente approfondite e che hanno visto il Pd su posizioni diverse, come ad esempio il tema della prescrizione in assenza di una certezza dei tempi del processo. Confidiamo, tuttavia, di risolvere in maniera condivisa questo tema insieme a tutti gli altri, attraverso un confronto serrato». Ma Bonafede qualche ora prima aveva detto che modifiche della riforma della prescrizione non erano tra gli obiettivi. Alle parole di Giorgis, i grillini non ribattono. Ma da questo momento in poi, nei ‘dem’, a portare avanti la battaglia contro la riforma, approvata con la ‘Spazzacorrotti’ è il solo giurista Franco Vazio, vicepresidente della Commissione giustizia alla Camera: sempre venerdì, subito dopo le dichiarazioni di Giorgis, Vazio afferma che quella riforma non va bene. «La riforma sui tempi e sull’efficienza del processo penale è necessaria. La prescrizione si inserisce in questo contesto. Per noi la riforma della prescrizione che va bene è la riforma Orlando, e cioè quella oggi in vigore». Un inciso: il 14 giugno del 2017 fu approvata la legge Orlando che ha sospeso la prescrizione per 18 mesi dopo la condanna di primo grado per altri 18 mesi dopo la sentenza di secondo grado.
Precisa, ancora, Vazio: «Una norma che di fatto elimini l’istituto, può essere valutata solo se i tempi del processo fossero diversi e radicalmente più brevi. Il Pd non può assumere impegni al buio. Esamineremo il testo della delega per costruire e non per distruggere; solo allora valuteremo i risultati e quindi ciò che fare. Per semplificare e accelerare il processo vanno potenziati istituti come i riti alternativi e il patteggiamento allargato. Il governo ha il diritto di fare una proposta, il Parlamento ha il diritto di esaminare e approfondire il testo articolo per articolo, comma per comma con serietà e spirito costruttivo».
I vertici ‘dem’ però non si sbilanciano. Tanto che questo atteggiamento silente viene colto dal presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, Gian Domenico Caiazza, che venerdì pomeriggio, in occasione degli Stati generali per la riforma dell’ordinamento giudiziario, a Roma, afferma: «Il nuovo partner di governo, il Pd, su questo punto dice cose non chiare – rileva Caiazza – Vediamo se si arriva a bloccare l’entrata in vigore di questa mostruosità giuridica. Per farlo serve un disegno di legge i tempi sono stretti. Se si vuole arrivare a una proroga almeno di un anno lo si dica sarebbe un modo sensato per riavviare il confronto». Ma Caiazza non è l’unico ad avere notato una posizione poco trasparente del Pd sul punto. Emanuele Macaluso, ex direttore de ‘L’Unità’ e considerato un comunicato eretico, osserva in un’intervist al ‘Foglio’ che «Nicola Zingaretti deve dire chiaro e tondo a questi grillini che o si sospende la sciagurata riforma della prescrizione oppure non si va da nessuna parte». Ma Nicola Zingaretti nulla dice. E nulla ha detto anche dopo le dichiarazioni rese ieri da Luigi Di Maio a ‘Non è l’Arena’.
Sembra, dunque, che eventuali modifiche non siano di fatto «tra gli obiettivi» come aveva detto già venerdì Bonafede. Eppure adesso il Guardasigilli è preoccupato. Il pressing sul Pd affinché blocchi l’entrata in vigore di quella riforma potrebbe provocare dei terremoti. Peggio ancora, potrebbe portare al blocco della complessiva riforma della Giustizia che Bonafede ha promesso che sarà approvata entro la fine di dicembre. Uno scenario che Bonafede ha già vissuto sul fine del governo gialloverde quando Salvini, a pochi metri dal taglio del traguardo della riforma, si mise di traverso definendola ‘acqua’. «Uno dei motivi per cui Matteo Salvini ha fatto saltare il governo è stato quello di fermare» la prescrizione ha osservato Bonafede. «Io non accetto che qualcuno possa fare melina sulla riforma per poi magari dire a dicembre che esiste un nodo sulla prescrizione. Lavoriamo per ridurre i tempi dei processi», ha aggiunto.
Va ricordato, infatti, che durante il governo gialloverde l’entrata in vigore della riforma della prescrizione era politicamente subordinata da una riforma complessiva che portasse ad un abbattimento di tempi del processo. Condizione ovviamente saltata essendo saltato il governo. Il che significa che, riforma o meno, dal primo gennaio il corso della prescrizione si fermerà dopo la sentenza di primo grado.
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lunedì, 30 Settembre 2019 - 12:26
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