Elezioni al Csm, l’indipendente Lerario: in campo contro la degenerazione correntizia

Il sostituto procuratore generale presso la Corte d'Appello di Bari Lorenzo Lerario
di Gianmaria Roberti

Lorenzo Lerario, 60 anni, è sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Bari. Ai magistrati chiamati a votare per sostituire due consiglieri dimissionari del Csm (in rappresentanza dei pubblici ministeri) si presenta con modi diretti: «Ho svolto sia funzioni giudicanti che requirenti, il che mi ha consentito di capire i problemi di tutti gli uffici giudiziari».

Senza giri di parole, Lerario spiega anche i motivi della corsa per il Csm. «Ho ritenuto che fosse il momento di mettersi in gioco e – spiega – proporre una candidatura autonoma, per dare nel mio piccolo un contributo per affrontare problemi annosi di cui discutiamo in tutte le sedi e che però non riusciamo a risolvere. Non esito a definire questa mia iniziativa una sorta di piccola provocazione al mondo delle correnti, che possa favorire una riflessione sulla degenerazione del fenomeno correntizio».

Lerario, che si è occupato anche della mafia garganica e del caporalato, si dilunga sul perché dell’ostilità al correntismo. «Mi guardo bene dal negare la possibilità a tutti di associarsi liberamente, ma – sostiene – nel tempo ho maturato la convinzione profonda che la suddivisione in correnti, tuttora perdurante, sia diventata un fenomeno dannoso per la nostra categoria, posto che alimenta spesso solo polemiche all’interno della categoria e ci rende soprattutto poco credibili all’esterno, e più deboli quindi anche nei confronti della classe politica, con la quale ci dobbiamo necessariamente raffrontare soprattutto in questo periodo, posto che sono sul tappeto una serie di riforme dalle quali può scaturire anche uno stravolgimento di quello che sono i nostri compiti istituzionali».

Una posizione diametralmente opposta a quella di alcuni altri candidati che, pur condannando la degenerazione delle correnti, ne hanno difeso la struttura ritenendo che esse possano essere momento importante di confronto e di crescita. Lerario lo sa e va giù a carro armato: «Sull’associazionismo io ritengo che la divisione non sia neanche tanto più giustificata. Sentire queste affermazioni che sanno tanto un po’ di sofisma, per cui cui le correnti sarebbero un luogo di elaborazione culturale dove viene assicurata la pluralità delle idee, mi lascia molto perplesso. Mi chiedo: allora l’Associazione nazionale magistrati cos’è? Non sarebbe sufficiente ricondurre tutto il dibattito all’interno dell’associazione e quindi potersi confrontare anche con pluralità di idee e diverse nozioni o concenzioni di quale deve essere il ruolo del magistrato piuttosto di quale deve essere il modo di assegnare incarichi direttivi e via dicendo? Sarebbe anche un modo per valorizzare l’Anm». Già, per Lerario l’Associazione nazionale magistrati così com’è non funziona. «Non me ne vogliano i componenti della Gec e del Cdc, ma l’Anm sembra essere diventata una sorta di stanza di compensazione di decisioni prese già in precedenza nelle segrete stanze dei gruppi correntizi, per cui assisto spesse ad assemblee, anche distrettuale, molte ingessate dove si vede che i colleghi sono venuti già con preconcetti determinati da discorsi che si sono fatti in precedenza – incalza – Per cui auspico un forte ridimensionamento delle correnti, che facciano autonomamente un passo indietro e che trovino anche un accordo quantomeno tra di loro affinché non si debbano sostenere ufficialmente candidati ad organi elettivi quali l’Anm, consigli giudiziari e Csm».

Sono tre i temi su cui concentra il programma: «Sugli incarichi dirigenziali – dice – ritengo che non tutti i magistrati possano ricoprirli, quindi vanno stabiliti criteri certi, trasparenti e obiettivi. Vanno anche fissati limiti temporali: 3 anni per i semi direttivi e 5 anni per i direttivi. Riguardo i carichi esigibili, reputo che i carichi siano diventati insopportabili, e si debba individuare una soglia oltre la quale non sia possibile pretendere dal magistrato uno sforzo gravoso e penalizzante. La materia disciplinare: stiamo assistendo da parte del legislatore a tentativi di risolvere i problemi attraverso l’imposizione di termini processuali stringatissimi».
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venerdì, 4 Ottobre 2019 - 16:44
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