Elezioni Csm, l’aggiunto D’Amato vira tutto sull’organizzazione degli uffici: «Valorizzare le buone prassi»

Il procuratore aggiunto a Santa Maria Capua Vetere Antonio D'Amato

Antonio D’Amato, procuratore aggiunto della Repubblica a Santa Maria Capua Vetere dove coordina il settore della criminalità economica, vira tutto sull’organizzazione degli uffici giudiziari e sulla necessità di proseguire «nell’opera del Consiglio già intrapresa nel 2010 quando è stata istituita la pratica delle buone prassi del Csm che è una cartina di tornasole di quanto oggi i dirigenti giudiziari abbiano acquisito una nuova mentalità».

Nessuna invettiva contro le correnti, ma non poteva essere altrimenti: Antonio D’Amato oggi si presenta come ‘indipendente’ alle elezioni suppletive del Csm per i due posti di consigliere, in rappresentanza dei pm, rimasti scoperti dopo lo scandalo che ha travolto l’organo di autogoverno dei magistrati, ma la sua militanza in Magistratura indipendente è storica e nota. Né lui, in sede di presentazione della sua candidatura, la nasconde: «Sono iscritto dal 1988 a Magistratura indipendente», tuttavia – ci tiene a precisare – «la mia candidatura non è stata imposta dall’alto né dal gruppo cui appartengo». Un accenno, però, allo scandalo agostano lo fa, circoscrivendo quanto accaduto esclusivamente «a certi consiglieri, dai quali bisogna prendere la distanza» e non parlando di «sistema» cui invece tanti altri candidati hanno fatto riferimento. Diversità di vedute o di posizione. E così D’Amato si concentra sul piano dell’organizzazione degli uffici, evidenziando come negli anni, anche grazie alla pratica delle ‘buoni prassi’, non ci sono più «capi degli uffici che si lamentano per mancanza di risorse ma è dirigenti degli uffici giudiziari che si rimboccano le maniche per trovare soluzioni gestionali e organizzative alla carenza di risorse».

L’obiettivo, dunque, che il Csm deve porsi è quello di «verificare se quei progetti stanno producendo risultati sperati», è quello di migliorare con nuovi interventi e nuove soluzioni anche la scelta dei magistrati che vanno a ricoprire posti apicali negli uffici giudiziari: «Sarà importante evitare di continuare lungo la logica del percorso dei curriculum virtuali, delle organizzazioni belle soltanto sulla carta – spiega D’Amato – Occorre invece andare a verificare sulla base di atti ufficiali, come ad esempio i verbali delle riunioni nelle quali ognuno può fare sentire la propria voce. La valutazione sulla capacità del dirigente deve attenere alla individuazione di punti essenziali».

Solo così per D’Amato sarà possibile azzerare «il rischio delle derive gerarchizzanti, che è stato paventato da tutti e sul quale noi possiamo soltanto fare una considerazione: questo potere di organizzazione dell’ufficio deve essere limitato attraverso la partecipazione dei magistrati della procura e attraverso la funzione di vigilanza del Csm, che non deve essere necessariamente censoria. Il Csm deve svolgere un ruolo concreto di verifica dei risultati raggiunti e di promozione delle buone prassi».
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sabato, 5 Ottobre 2019 - 16:11
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