Accusato di un omicidio di camorra del 2014, ma il processo non inizia. E in teoria può non iniziare mai. Sono i paradossi della giustizia a garantire il limbo processuale di Raffaele Mauriello, 23 anni, latitante da un anno. Dove? Per gli inquirenti è al caldo di Dubai, al riparo dalla galera, ma pure dall’aula di tribunale. A indicarne l’esotica meta alcuni pentiti, ma pure le presunte telefonate in codice dei familiari.
Oggi era fissato il via al dibattimento, nel processo per l’omicidio di Andrea Castello – ritenuto braccio destro del boss Mariano Riccio – e il ferimento del guardaspalle Ruggiero Castrese, alla prima sezione di Corte d’Assise del tribunale di Napoli. Ma è arrivato subito lo stop: manca la prova giuridica che l’imputato conosca il suo status di imputato. E per la legge non si può procedere in contumacia. Non più, dalla riforma di 5 anni fa, approvata dopo le condanne della Cedu all’Italia e una sentenza della Consulta.
L’agguato fu consumato il 14 marzo 2014 a Casandrino, nella faida intestina degli Amato-Pagano, gli scissionisti di Scampia. A Raffaele Mauriello, figlio del ras Ciro, si contesta di essere uno dei killer. Gli altri accusati – Francesco Paolo Russo detto Cicciariello, Dario Amirante alias ‘o gemello e Renato Napoleone – sono già alla sbarra da tempo. Per il ricercato, invece, la via obbligata dello stralcio. Ma è solo l’avvio di una lunga partita a scacchi con la Dda di Napoli. In aula oggi, il pm Vincenza Marra è stato costretto a eccepire il difetto di notifica all’imputato. Una mossa di cautela, per fermare un dibattimento a rischio invalidità, gettando gli atti nel tritacarte. Il presidente del collegio Giuseppe Provitera ha allargato le braccia, accogliendo l’eccezione. Con tanto di scuse ai testi citati in udienza: cinque agenti di polizia giudiziaria e un consulente tecnico. L’ordinanza dei giudici ha rinviato il processo all’otto aprile 2020, convocando di nuovo i testimoni. Nel contempo, ha disposto nuove ricerche del pm. In sei mesi, si deve provare che Mauriello sappia del processo.
Magari qualcosa in più, sperano in procura: per il latitante, sfuggito al blitz della squadra mobile di Napoli, pende richiesta di estradizione. Mauriello non ha nominato un difensore di fiducia. Ad assisterlo solo un avvocato d’ufficio, la penalista Veronica Malinconico. Non basta, secondo la legge, per essere certi della sua consapevolezza. Serve un appiglio solido: l’evidenza che si nasconda, negli Emirati Arabi o altrove. In assenza, norme alla mano, potrà sempre proclamare di essere volato in vacanza.
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martedì, 8 Ottobre 2019 - 20:25
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