Morte del piccolo Antonio Giglio, l’imputato Caputo: «Non ho mai toccato Fortuna, mai messo una mano addosso»

Parco Verde di Caivano
Uno scorcio del Parco Verde di Caivano (foto Kontrolab)

«Io non l’ho mai toccata Fortuna, non l’ho mai violentata, non le ho mai messo una mano addosso». Lo ha gridato Raimondo Caputo, oggi in aula nel Tribunale di Napoli, durante l’udienza, subito rinviata, in cui il gup Luana Romano si sarebbe dovuto pronunciare sull’imputazione coatta formulata lo scorso 5 giugno dal gip Pietro Carola per Raimondo Caputo e per la ex compagna Marianna Fabozzi, accusati, rispettivamente, di favoreggiamento personale e omicidio.

I due reati vengono contestati a Caputo e Fabozzi in relazione alla morte del piccolo Antonio Giglio, figlio della Fabozzi, il bimbo di 4 anni precipitato il 28 aprile 2013 dalla finestra dell’abitazione del Parco Verde di Caivano (Napoli), dove viveva con la sua famiglia. Entrambi sono stati già condannati per l’omicidio di Fortuna Loffredo, la bimba gettata giù dallo stesso palazzo, circa un anno dopo la morte di Antonio. Gennaro Giglio, padre del bambino, difeso dagli avvocati Sergio e Angelo Pisani, ha più volte accusato la ex moglie della morte di Antonio. Secondo quanto riferito dalla madre il bimbo quel giorno sarebbe precipitato dopo essersi sporto troppo dalla finestra nel tentativo di guardare un elicottero dei carabinieri in volo.

Il 24 giugno 2014, Fortuna Loffredo, che tutti chiamavano Chicca, veniva gettata giù dallo stesso palazzo. Ad accusare e far condannare Caputo per la morte di Fortuna fu la sorella maggiore di Antonio, la piccola amica del cuore di Fortuna. A riferire che Antonio Giglio non morì accidentalmente, invece, fu una donna che si disse testimone della tragedia. La donna, sorella di Caputo, riferì di avere visto la Fabozzi, riflessa in uno specchio, compiere l’insano gesto. Pure Raimondo Caputo ha più volte accusato la compagna della morte del piccolo. Davanti all’aula dove si stava tenendo l’udienza camerale c’era anche Pietro Loffredo, il papà di Chicca, il quale ha sempre sostenuto che a uccidere la figlia non fosse stato Caputo. Il gup Romano ha deciso di rinviare l’udienza di oggi al 9 gennaio dopo avere accolto la richiesta di legittimo impedimento presentata dall’avvocato Ferdinando Di Mezza, legale di Marianna Fabozzi. Raimondo Caputo, invece, è difeso dall’avvocato Paolino Bonavita.

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venerdì, 11 Ottobre 2019 - 18:19
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