False fatture e riciclaggio, a Roma fermato business da 100 milioni: 650 indagati. Sul conto di un disoccupato 5 milioni di euro

Euro

Al Fisco risultava nullatenente, ma sul suo conto corrente transitavano milioni di euro da fare invidia agli imprenditori più facoltosi del nostro Paese: è la storia di un disoccupato, sulla carta, usato per spostare 5 milioni di euro nel tentativo di sottrarli al controllo e alla tassazione da parte dello Stato. Una storia emersa con l’inchiesta battezza ‘Easy Money’ che è sfociata in 650 indagati e nella scoperta di una maxi evasione, pari a 100 milioni di euro, realizzata attraverso fatture false. Ventuno indagati sono stati raggiunti da una misura cautelare, firmata dal gip, di interdizione all’esercizio di attività professionale, d’impresa e dagli uffici direttivi.

Al centro delle indagini coordinata dalla procura di Roma e condotta dal Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia Finanza della Capitale è finita un’organizzazione già colpita da un’inchiesta alla fine del 2017 quando furono arrestati, sempre su disposizione del gip capitolino, 4 imprenditori romani ritenuti gli ideatori del complesso sistema di frode. Le successive indagini – partite da alcune segnalazioni di parte di Poste per una sessantina di operazioni sospette su alcuni conti correnti – hanno consentito di individuare ulteriori soggetti, attivi all’interno della struttura criminale, cui erano assegnati compiti ben determinati, quali la costituzione di società “cartiere”, la predisposizione di false fatture ed il riciclaggio del denaro corrisposto a fronte del pagamento dei documenti fiscali emessi. I clienti, per lo più piccoli imprenditori, venivano individuati da un commercialista romano: una volta conosciute per ragioni professionali le condizioni finanziarie dei propri assistiti, il commercialista li indirizzava a servirsi delle prestazioni dell’organizzazione. I clienti finali, ai quali gran parte delle somme venivano poi retrocesse sotto forma di contanti, potevano così avere la disponibilità di denaro da utilizzare senza correre il rischio che le transazioni fossero “tracciate” attraverso i canali ufficiali.

«Questa indagine è un prova concreta – ha spiegato il procuratore facente funzioni Michele Prestipino – di quanto la Procura ritenga determinante l’attività di contrasto alla criminalità economica e il recupero di somme frutto di evasione o elusione fiscale. E su questo fronte negli ultimi anni abbiamo raggiunto risultati importanti». Il procuratore aggiunto Rodolfo Sabebelli, con delega ai reati sull’economia, ha invece tenuto a sottolineare come l’evasione fiscale arrechi danni non solo all’Erario ma provochi un’alterazione della concorrenza.

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lunedì, 14 Ottobre 2019 - 18:24
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