«Il processo Cucchi diventerà un simbolo di come il sistema giudiziario possa rimediare ai propri errori». Così l’avvocato Stefano Maccioni nel suo intervento come parte civile nel processo che per la morte di Stefano Cucchi – il geometra romano arrestato nell’ottobre 2009 per droga e morto una settimana dopo in ospedale – vede imputati cinque carabinieri, tre dei quali per omicidio preterintenzionale. Maccioni è intervenuto in giudizio per la parte civile Rita Calore, madre di Stefano, e per l’associazione Cittadinanzattiva onlus.
«Esattamente oggi, dieci anni fa, in queste ore – ha ricordato il penalista – Stefano veniva portato in tribunale per l’udienza di convalida del suo arresto»; oggi «occorre imparare dagli errori affinché non si verifichino più». Per l’avvocato Maccioni «questo processo è segnato da una sottile attività di depistaggio; senza quei depistaggi, l’accertamento della verità sarebbe stato più semplice. Sono dieci anni che in questo processo c’è ‘il teorema del depistaggio’. Nessuno è contro le forze dell’ordine, ci tengo a precisarlo. Questo non è un processo all’Arma dei carabinieri; questo è un processo a coloro che hanno tradito i principi del corpo cui appartenevano».
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mercoledì, 16 Ottobre 2019 - 14:01
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