Gian Domenico Caiazza parla per poco di più di un’ora dal palco del Congresso straordinario dell’Unione delle Camere penali italiane, da lui guidata, in corso a Taormina (oggi è la seconda giornata). Parla all’orgoglio dell’avvocatura ma soprattutto si rivolge al Partito democratico, quello che «ha rivendicato, sostenuto e difeso fino a ieri» valori centrali per i diritti della persona e che invece oggi, a seguito del patto politico stipulato con il Movimento Cinque Stelle, sembra avere cambiato rotta. «Il ministro orlando è o non è la stessa persona che ha promosso gli stati generali della esecuzione penale? Il Partito democratico è o non è lo stesso partito che, sostenendo quella grande iniziativa politica, ha voluto affermare un’idea della pena esattamente liberata dall’ossessione carceraria?», si chiede Caiazza.
La ragione della domanda è semplice: dall’ingresso al Governo dei grillini, spiega Caiazza, si sta assistendo ad una «continua, ossessiva, sguaiata radicalizzazione del giustizialismo più becero nel dibattito e nella comunicazione istituzionale, politica e social». Né l’arrivo in maggioranza del Partito democratico sembra avere invertito la rotta. «Non nascondiamo la nostra preoccupazione, e cioè che la ricerca del necessario consenso tra le due forze al governo nella nuova maggioranza possa scivolare verso la saldatura tra l’immodificata posizione del M5S sui temi della giustizia penale, e l’anima in realtà non meno giustizialista e populista di una componente ancora forte, se non prevalente, della sinistra italiana post-comunista. Esistono limiti non valicabili ad ogni possibile ragione di real politic, sono limiti di decenza entro i quali la politica deve sapere rimanere se vuole sopravvivere al pubblico ludibrio», incalza Caiazza.
Ecco, dunque, la necessità per l’Unione delle Camere penali di recuperare, rafforzare la propria soggettività politica, questo allo scopo di riuscire ad avere voce in capitolo per fermare le riforme che intaccano i diritti dei cittadini. «Bisogna costruire e raccogliere un pensiero comune, non unico, per combattere il dilagante populismo giustizialista. E la magistratura deve essere parte integrante di questa comunità», afferma Caiazza. Il primo obiettivo è quello di difendere il giusto processo: «Giù le mani, sia chiaro a tutti, dal giusto processo, conquista irrinunciabile, non mediabile e non negoziabile di civiltà e di libertà». In questo scenario diventa dunque inevitabile l’aspra contestazione alla riforma che blocca il corso della prescrizione a partire dalla sentenza di primo grado, sia essa di condanna o di assoluzione: «Qui è in gioco il diritto di ogni persona a non rimanere in balia della giustizia a tempo indeterminato», arringa Caiazza che pone poi l’accento su una contraddizione del progetto di riforma dei tempi dei processo che accompagna, almeno sulla carta, la riforma della prescrizione. «I sostenitori di quella sciagura riforma mestano nel torbido. Dicono: ‘Accorciamo i tempi della giustizia, tanto gli effetti della prescrizione si avranno tra 6-7 anni, quindi che problema c’è’. Ora, a prescindere da ogni altra considerazione, converrete che se davvero si riuscisse a intervenire sui tempi del processo riducendoli sensibilmente, cosa che io mi augura, il problema dei processi che cadono in prescrizione non ci sarà più. Quindi perché mai dovremmo abolire la prescrizione? Se l’intervento miracolistico ridurrà i tempi per giungere a sentenza definitiva, quale timore dovremmo più nutrire?».
Per Caiazza è dunque, necessario, fare chiarezza sul punto. E, per fare chiarezza, il presidente dell’Ucpi ritiene indispensabile un’opera di informazione dell’opinione pubblica che sia chiara. Cosa che – sottolinea Caiazza – oggi non è. Il presidente dell’Ucpi ne ha infatti anche per certa stampa, oltre che per alcuni politici: «Si vergognino gli spacciatori di queste volgari menzogne, i pusher di notizie false volte ad eccitare nella pubblica opinione allarme, indignazione, rabbia, cioè il propellente per alimentare cinicamente consensi elettorali, potere politico, successo di imprese editoriali e, già che ci siamo, alcune forse immeritate carriere magistratuali».
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sabato, 19 Ottobre 2019 - 14:53
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