Hanno imposto il pizzo finanche al consorzio di imprese che si stava occupando della bonifica del suolo, a Napoli est, sul quale giacevano i siti della società Kuwait Raffinazione e Chimica Spa e Kuwait Petroleum. Il ras Carmine Montescuro e alcuni esponenti del clan Aprea di Barra, al centro dell’inchiesta che stamattina ha portato all’arresto di 22 persone, sono accusati di estorsione ai titolari di tre aziende che per conto di una società di Parma stavano effettuando la riconversione dei suoli. Ci sono le intercettazioni ambientali a sostegno della contestazione mossa dai pm antimafia Antonella Fratello ed Henry John Woodckok e ‘validata’ dal giudice per le indagini preliminari Alessandra Ferrigno. Ci sono, cioè, le conversazioni, chiare ed inequivocabili, dei protagonisti di queste estorsioni, che si incontrano tra loro per ragionare sulla spartizione delle quote, che incontrano e pressano le vittime delle pretese economiche, e che si fermano in auto a contare le banconote «tutte da 50» appena riscosse.
Il periodo di riferimento delle estorsione è quello dei primi mesi del gennaio 2017. Il ras Carmine Montescuro sa che gli Aprea hanno trovato in quei lavori di bonifica una miniera d’oro. Anche il pentito Ciro Niglio, passato con lo Stato dopo l’accusa di avere ucciso Giovanni Bottiglieri in un circolo di scommesse a Barra, del resto racconta ai pubblici ministeri che «dalla raffineria arrivavano 27mila euro all’anno» in favore dei barresi.
Leggi anche / Le ‘confessioni’ intercettate di Montescuro,
lite tra Mazzarella e D’Amico sulla quota
E così Montescuro decide di entrare di prepotenza nel business e insieme a Nino Argano raggiunge uno ad uno i titolari delle tre ditte del consorzio, li pressa e impone il pizzo. Salvo poi mettere gli Aprea dinanzi al fatto compiuto e raggiungere con loro un accordo: la maggior parte del provento dell’estorsione sarebbe andata ad Aprea, un 40% sarebbe toccato a Montescuro. E così, in un’occasione, su 10mila euro Montescuro trattiene per sé per 4mila euro e il restante viene dato ai barresi. La logica spartitoria viene colta dagli inquirenti grazie alla cimice presente nell’auto di Nino Argano.
Nel gennaio 2017, dopo avere riscosso la tangente da una della società, Argano dice: «Adesso andiamo da Banana (referente degli Aprea, ndr) e gli diamo 4mila euro.. .», ma prima dice a Montescuro che «mi voglio prima fermare a qualche parte per dividercelo…». Cosa che avviene. E, a questo punto, si sente il rumore delle banconote che scorre tra le mani di Argano. «Sono tutte da 50», osserva Montescuro riferendosi al taglio delle banconote.
Leggi anche:
– Whirlpool Napoli, lavoratori in corteo da piazza Municipio alla stazione marittima Rsu: «Governo prenda una posizione»
– Difende la ragazza da una rapina ma gli sparano alla testa, 24enne grave a Roma
– Monopolio dei servizi funebri con l’appoggio del clan: 6 arresti a Castellammare di Stabia
– Camorra, maxi-blitz a Napoli: 23 arresti Pizzo sui lavori di via Marina, nella zona Porto e a una coop di ex detenuti
– Incidente stradale, auto sbatte contro un palo e si ribalta: 20enne senza scampo
– Bimba di pochi mesi muore con la testa incastrata tra il letto e il materasso
– Ergastolo ostativo, per la Consulta è incostituzionale
– Tangenziale di Napoli, dossier choc sulle condizioni del viadotto
– Pg Cassazione, i 9 candidati convocati dal Csm: in corsa per il posto di Fuzio c’è anche il pg di Napoli Luigi Riello
giovedì, 24 Ottobre 2019 - 17:18
© RIPRODUZIONE RISERVATA