Dopo il flop processuale dell’inchiesta napoletana denominata ‘Global Service’, l’imprenditore posillipino Alfredo Romeo, che appena ieri ha festeggiato l’uscita in edicola del primo numero del suo ‘Il Riformista’ (ne è l’editore), si ritrova nuovamente imputato a Napoli con l’accusa di essere stato il «promotore e l’organizzatore» di una ‘cricca’ in grado di condizionare appalti in strutture pubbliche e non, e di controllare la gestione di patrimoni immobiliari di pubbliche amministrazioni. Una ‘cricca’ che avrebbe abbracciato, incontrandone i favori, non solo di politici e di esponenti della sanità napoletana, ma anche di esponenti delle forze dell’ordine (poliziotti, carabinieri, finanzieri), un funzionario del ministero della Giustizia e due dirigenti del Comune di Napoli.
I pubblici ministeri Celeste Carrano, Francesco Carrano ed Henry John Woodcock hanno chiesto ed ottenuto la fissazione dell’udienza preliminare per Romeo ed altre 53 persone, nonché per la società Romeo Gestioni Spa. Sotto i riflettori della procura sono finiti politici, come Stefano Caldoro e Italo Bocchino, il commissario straordinario dell’Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva che gode della fiducia incondizionata del Governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca; due sottufficiali dei carabinieri, Vincenzo Romano e Sergio Di Stasio, entrambi in forza presso il Nucleo Carabinieri Tutela Antisofisticazioni e Sanità di Napoli; due finanzieri del Gico, Gennaro Silvestro e Biagio Castiello, in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli; tre poliziotti del commissariato Vomero-Arenella, Francesco D’Ambrosio, Aniello Ippolito ed Elio Di Maro; un dirigente di prima fascia del ministero della Giustizia, Emanuele Caldarera, con funzioni di Direttore generale per la gestione e manutenzione degli uffici ed edifici del complesso giudiziario di Napoli; il dirigente dell’Ufficio Grandi Reti Tecnologie ed Illuminazione pubblica del Comune di Napoli. L’udienza preliminare si aprirà il prossimo 6 dicembre, così come disposto dal gip Simona Cangiano della 22esima sezione penale del Tribunale di Napoli. La procura ha individuato come parti offese Palazzo San Giacomo, il Codacons, la Soprintendenza dei beni culturali del comune di Roma.
L’atto d’accusa della procura è racchiuso in circa 30 pagine. C’è, anzitutto, l’accusa di associazione per delinquere che viene contestata a sette imputati: Alfredo Romeo, l’ex parlamentare di Alleanza Nazionale Italo Bocchino, Enrico Trombetta, Ivan Russo (collaboratore storico di Romeo), Fabio Angelico, Raffaele Scala e Agostino Iaccarino. Se Romeo viene indicato come «promotore e organizzatore» dell’associazione, a Italo Bocchino viene attribuito il ruolo di «organizzatore dell’associazione, con il compito di provvedere alla pianificazione e alla gestione di tutta l’attività illecita», mentre gli altri imputati, dirigenti della Romeo Gestione Spa, vengono ritenuti «partecipi» dell’organizzazione. Secondo gli inquirenti Romeo sarebbe riuscito a beneficiare di una serie di appalti o di sblocco del pagamento di fatture attraverso un meccanismo di «do ut des». In questo contesto, ad esempio, si inserisce l’episodio contestato al dirigente di prima fascia del ministero della Giustizia, Emanuele Caldarera: al dirigente – che doveva sottoscrivere il decreto di impegno e pagamento relativi alle fatture emesse dalla Romeo Gestioni per il servizio di pulizia ed attività connesse svolto presso il Palazzo di giustizia di Napoli – sarebbe stata promessa l’assunzione della figlia presso la Romeo Gestioni in cambio della firma sulla liquidazione delle fatture, pagamento che il predecessore di Caldarera aveva bloccato per presunte irregolarità imputabili ai conteggi effettuati dalla Romeo Gestioni. Il dirigente del Comune di Napoli Giovanni Annunziata avrebbe invece ricevuto una serie di regali, come un orologio da mille euro e la promessa di essere assunto o di instaurare, una volta andato in pensioni, rapporti di consulenza con la Romeo Gestioni, in cambio di un suo intervento decisivo affinché favorisse alcuni interessi della Romeo Gestioni con particolare riferimento all’Hotel Romeo.
Seguono poi una sfilza di reati – contestati a vario titolo – di corruzione, falso, favoreggiamento, traffico di influenze illecite (Caldoro risponde solo di questa accusa), reati tributari, frode nelle pubbliche forniture, rivelazione di atti coperti da segreto istruttorio, distruzione di atti, furto di energia elettrica, accesso abusivo al sistema informatico denominato ‘Sdi’. Ipotesi di reato che descrivono, secondo la procura, il funzionamento di un ‘sistema di potere’ anche in grado di avere accesso a informazioni di prima mano sulle inchieste in corso aperte dalla procura.
Il capitolo della fuga di notizie è il più inquietante. Importante una premessa: protagonista non è Romeo (non interessato a questo spaccato), bensì il manager della sanità napoletana Ciro Verdoliva che in questo procedimento è imputato nella qualità di manager del Cardarelli. Secondo l’accusa, Verdoliva sarebbe riuscito ad ottenere da carabinieri, finanzieri e poliziotti imputati una serie di informazioni su su un fascicolo sulle ditte che che svolgevano attività di ‘pompe funebri’; notizie su un procedimento scaturito dalla denuncia di un medico in servizio presso il Cardarelli; notizie sull’inchiesta sulla Romeo Gestioni (nella quale lo stesso Verdoliva è rimasto coinvolto). Non solo: il poliziotto Ippolito si sarebbe impegnato «a visionare e, addirittura, sottrarre atti e documenti versati in fascicoli giudiziari esistenti presso la procura che potevano compromettere la posizione di Verdoliva». Il poliziotto D’Ambrosio invece si sarebbe impegnato «a reperire ogni utile informazione, anche effettuando abusivi accessi presso banche dati, al fine di reperire ogni utile informazione relative a soggetti a lui segnalati da Verdoliva».
In cambio delle informazioni ricevute Verdoliva avrebbe promesso una serie di piaceri: il finanziere Vincenzo Romano avrebbe ottenuto da Verdoliva la promessa di vedere assunta una persona da lui segnalata presso l’Ospedale del Mare; il poliziotto D’Ambrosio avrebbe ottenuto da Verdoliva la promessa che quest’ultimo avrebbe favorito la ditta gestita dal cugino di Ippolito per l’assegnazione da parte del Cardarelli di commessi riguardanti lavori e servizi di trasporto. D’Ambrosio ottenne la promessa di assunzione di un amico presso un’impresa di conoscenza di Verdoliva: l’assunzione non si concretizzò perché l’uomo non aveva i requisiti tecnici. (Ulteriori approfondimenti sull’inchiesta saranno disponibili nell’edizione di domani, giovedì 31 ottobre, del quotidiano digitale, accessibile su abbonamento)
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mercoledì, 30 Ottobre 2019 - 18:02
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