Parla senza riserve di errori giudiziari, spiegando che i numeri sono «pesanti» e «ci obbligano a una scrupolosa riflessione sulla efficacia degli strumenti normativi finora predisposti». E poi si sofferma sulla durata infinita e incontrollata dei processi, spiegando che essa «non coinvolge solo i diritti dell’imputato» ma «nuoce soprattutto alle aspettative e ai diritti delle parti offese».
Il presidente del Senato Elisabetta Casellati tocca i nervi scoperti del sistema giustizia nel corso della sua lezione sul “Sistema delle garanzie nel quadro dei principi costituzionali” agli studenti e docenti dell’Università di Bologna. E lo fa con dati alla mano. «I dati più diffusi – ha ricordato nel suo intervento – ci dicono che dal 1992 ad oggi sono oltre 26mila, quasi mille all’anno, gli individui che hanno subito una illegittima detenzione prima di essere definitivamente assolti con sentenza passata in giudicato».
Numeri «pesanti», li definisce il presidente del Senato, sui quali è necessario interrogarsi per «per tutelare il massimo rispetto del diritto alla libertà personale e per preservare il nostro sistema dal rischio di errori suscettibili di produrre conseguenze nefaste sulla vita degli imputati e delle loro famiglie». Il presidente Casellati ha sottolineato infatti che non bisogna dimenticare che «dietro a ogni singolo caso di errore giudiziario o di ingiusta detenzione vi è un dramma umano. Vi sono donne e uomini illegittimamente privati della propria libertà, della propria dignità; la cui vita affettiva, sociale e lavorativa è stata fortemente pregiudicata».
Così come non bisogna dimenticare che la lentezza dei processi ha effetti devastanti tanto sulla vita di un imputato quanto su quella delle vittime. «Secondo gli ultimi monitoraggi sullo stato delle pendenze penali, pubblicati dal Ministero della Giustizia, circa il 20% dei procedimenti incardinati nei Tribunali e oltre il 40% di quelli presso le corti di appello sarebbe infatti a rischio di legge Pinto – ha spiegato Casellati – Qui l’anomalia è ancora più grave, perché non coinvolge solo i diritti dell’imputato. Anzi, il mancato rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo nuoce soprattutto alle aspettative e ai diritti parti offese. Vittime del reato tanto quanto di un sistema giudiziario incapace di dare una risposta rapida alla loro legittima domanda di Giustizia». Né, ha tenuto a puntualizzare Elisabetta Casellati, ci si può ritenere in qualche modo soddisfarti per via del fatto che esistono «leggi ordinarie che riconoscono e assicurano tutele risarcitorie». «Dobbiamo essere consapevoli che dare attuazione alle garanzie costituzionali, riconoscerle come diritti inviolabili degli individui, significa prima di tutto assicurarne la loro piena efficacia», ha ribadito.
Dunque, a fronte di questo quadro preoccupante, non resta che rivolgere un invito alla classe politica dirigente, affinché trovi una sintesi efficace per risolvere queste anomalie: serve «una piena condivisione delle problematiche della giustizia e un confronto collaborativo sulle possibili soluzioni per porvi rimedio». Perché, ha sottolineato il presidente del Senato, «senza questa fondamentale azione comune l’efficienza del sistema giudiziario, e con essa l’efficacia delle garanzie costituzionali, diventano traguardi illusori o comunque troppo lontani».
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martedì, 19 Novembre 2019 - 13:20
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