La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a trenta anni di carcere per Antonio Luca Priolo che il 6 ottobre del 2015 uccise l’ex convivente Giordana Di Stefano, vent’anni, con 48 coltellate a Nicolosi, nel Catanese. I due avevano una bambina che all’epoca dei fatti aveva 4 anni. Il procuratore generale Roberta Maria Barberini aveva chiesto di rigettare il ricorso presentato dalla difesa di Priolo, la Cassazione ha confermato la condanna stabilita dai giudici in primo ed in secondo grado. In primo grado il processo si era svolto con il rito abbreviato.
Giordana Di Stefano morì dissanguata dopo i fendenti dell’uomo con cui si era lasciata, l’omicidio avvenne nel giorno dell’udienza preliminare dal giudice per le indagini preliminari del procedimento che vedeva Priolo imputato per stalking; processo scaturito dalla denuncia della donna. Il corpo della vittima si trovava poco distante dalla sua casa, mentre l’omicida fu rintracciato dai carabinieri a Milano dopo una fuga in treno da Catania: a Milano aveva intenzione di prendere un altro treno e scappare all’estero.
La donna, stando a quanto poi emerso, aveva intenzione di ritirare la denuncia per stalking nei confronti dell’ex e non si era costituita parte civile nella richiesta attivata autonomamente dalla procura catanese. I due avevano anche un contenzioso in sede civile, sull’affido della figlia, che lei voleva in esclusiva e lui voleva concederle solo in cambio della ritira della denuncia per stalking. Ritiro essenziale per consentirgli di prendere il porto d’armi e lavorare come guardia giurata.
Ancora oscuri i motivi scatenanti la furia omicida; l’accordo pare fosse stato trovato ma il giorno dell’udienza i due (lui nell’auto della madre, lei con un cugino) si sono incontrati e sono rimasti insieme. Quindi il chiarimento trasformatosi in tragedia. Priolo ha sempre detto di essere stato colto da un raptus e di non avere premeditato il delitto.
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venerdì, 22 Novembre 2019 - 07:52
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