Prescrizione, il Pd ‘riscalda’ la riforma Orlando e la offre a Bonafede: «Discutiamo o la portiamo in Parlamento»


La domanda vera arriva quando la conferenza stampa è già finita. I relatori sono già in piedi e Walter Verini ha appena terminato di rilasciare una battuta ai microfoni dei Tg. Qualcuno fa per imboccare l’uscita, il capannello di giornalisti fino a un secondo prima riunito attorno al parlamentare si scioglie, quando una giornalista chiede: «Ma fino a che punto siete disposti ad andare fino in fondo?». La diretta in streaming del Corriere della Sera è ancora viva e coglie l’imbarazzo. Qualche altro giornalista ripete la domanda e aggiunge: «E’ importante, potete rispondere a questa domanda?». Ma il tavolo è sciolto, Verini accenna un cordiale ‘Ve lo abbiamo detto’ e imbocca l’uscita, seguito rapidamente dagli altri ‘delegati’ dal Pd a illustrare la proposta sulla riforma della prescrizione.

Dopo quasi 50 minuti di conferenza stampa nella sede nazionale del Pd a Roma il ‘nodo’ della trattativa tra Pd e Movimento Cinque Stelle su una riforma che è già legge da un pezzo e che tra pochi giorni entrerà in vigore non è stato sciolto. Sì, perché nessuno dei ‘dem’ che alle 11.30 di oggi si sono dati appuntamento per spiegare in che modo si dovrebbero ‘mitigare’ gli effetti di una riforma contestata a gran voce dai penalisti, dai giuristi e da una parte apprezzabile della magistratura (anche se la posizione ufficiale dell’Anm è quella di sostegno al testo di Bonafede) ha spiegato cosa farà il partito se il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede dovesse cestinare i loro suggerimenti. Nessuno di loro ha spiegato se il Pd è intenzionato, nella peggiore delle ipotesi, ad andare allo scontro e a fare saltare l’alleanza.

Chi vivrà vedrà e nell’attesa non resta che documentare il contenuto della proposta di legge del Pd che punta, come spiegato in apertura di conferenza da Anna Russomando, a contemperare «l’esigenza di giustizia e la durata ragionevole dei processi». L’articolo di cui si compone il testo è uno soltanto e non prevede l’abrogazione della riforma Bonafede, anche perché questo significherebbe andare alla rottura coi Cinque Stelle e, come sottolineato da Walter Verini, la «nostra intenzione non è fare cadere il Governo perché vogliamo fare cose utili per il Paese»: la soluzione tecnica è semplicemente quella di allungare i termini della sospensione della prescrizione ma solo per le sentenze di condanna, dilatando in buona sostanza quelli stabiliti dalla precedente riforma Orlando.

Lo spiega bene il deputato Alfredo Bazoli (capogruppo dem in Commissione Giustizia alla Camera), che parte da una premessa: «C’è un punto ineliminabile di questo ragionamento: bisogna separare i percorsi delle sentenze (di primo grado) di condanna e di assoluzione. Per le sentenze di condanna noi prevediamo una sospensione della prescrizione di due anni dopo la sentenza di primo grado (con la riforma Orlando il termine era di 18 mesi, ndr), e di un anno dopo la sentenza di appello (con la vecchia riforma il termine era sempre di 18 mesi, ndr). Inoltre se c’è in Appello un’esigenza di rinnovazione dibattimentale vi sarà la possibilità di sospendere la prescrizione ulteriormente per la durata massima di sei mesi. Siamo certi che così non ci sarà più un solo processo che si prescrive, quindi si raggiungono obiettivi di Bonafede però rimane in piedi un termine finale per evitare che il processo duri per sempre per tempi irragionevoli. Questa è la soluzione tecnicamente migliore per evitare che i processi già iniziati si concludano con una prescrizione o che diventino infiniti».

Ma perché Bonafede dovrebbe accettare la proposta del Pd e rimettere mano a una riforma difesa con le unghie e con i denti? Ci prova Walter Verini a suggerire al ministro le ragioni di un ‘ravvedimento’ auspicato da più parti: «Il Guadarsigilli non può non tenere conto delle valutazioni di 3/4 delle maggioranza ma anche di quelle del mondo dell’avvocatura, di tante associazioni e parte significativa della magistratura». Gli fa eco il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis: «Il ministro Bonafede può portare a casa una riforma epocale, confidiamo nel buon senso e siamo certi che una soluzione si troverà». Tradotto: per una questione di opportunità e per evitare di incancrenire rapporti già non facili, Bonafede dovrebbe avere la lungimiranza di fare un mezzo passo indietro sulla riforma che blocca il decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia essa di condanna che di assoluzione.

Se queste argomentazioni riusciranno a gettare radici lo si saprà il prossimo 7 gennaio, giorno in cui si terrà il vertice di maggioranza nel corso del quale il Pd metterà sul tavolo la proposta di legge allo scopo di aprire «un dialogo vero» sul punto con Alfonso Bonafede. «Noi vorremmo evitare che la giustizia continui a essere un terreno di scontro politico e propagandistico – continua Verini – Siamo contrari a un estremismo giustizialista ma  siamo anche contrari a un garantismo a corrente alternata. Noi vorremmo semplicemente un processo in tempi certi, che un colpevole venga condannato in tempi certi, e che un innocente venga giudicato tale in tempi certi, vorremmo che un’impresa che ha un contenzioso col privato o con il pubblico possa avere un esisto del suo contenzioso in tempi certi. Le imprese estere scappano quando hanno a che fare con la giustizia italiana. per noi è una battaglia di civiltà e non di propaganda. Vorremmo una giustizia efficace, dove non si scappi dai processi, non si scappi dal giudizio, ma che tutto questo avvenga nel rispetto dello stato di diritto e della costituzione». E se l’incontro andasse male? Il Pd è pronto ad andare in Parlamento con la sua proposta di legge depositata sia alla Camera che al Senato: «Noi ci auguriamo che la nostra proposta di legge non sia utilizzata e che ci sia una sintesi che sino ad ora non c’è stata. Ma se non sarà possibile discutere, andremo nelle sedi opportune», conclude Verini.

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venerdì, 27 Dicembre 2019 - 17:32
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