Altro che «presunti accordi», peraltro smentiti ieri dal ministero di via Arenula. Nella maggioranza di governo c’è aria di tempesta per via della riforma della prescrizione entrata in vigore il primo gennaio. E la testimonianza sta nei toni delle risposte che, questa mattina, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha offerto ai giornalisti al termine della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario al Consiglio di Stato.
Se fino a pochi giorni fa, il Guardasigilli parlava di «divergenze» ma di confronto tra i partiti, e si diceva fiducioso che una soluzione la si sarebbe trovata, oggi invece Bonafede non nasconde la sua stizza per lo ‘scontro’ interno alla coalizione. Segno che le barricate alzate dai renziani, che da mesi agitano lo spauracchio della proposta di legge Costa per spingere i grillini e Conte e virare verso il ‘lodo Annibali’, sono muri insormontabili.
«Siamo in maggioranza, invece vedo toni di chi sembra all’opposizione. (…) Stare in maggioranza significa stare a un tavolo a scrivere le norme, non urlare e strillare dalla mattina alla sera. A volte sembra che i testi glieli scrivano Salvini o Berlusconi. Non possono continuare a molestare i cittadini con dichiarazioni che sembrano minacce», sbotta Bonafede. Il riferimento è chiaramente a Italia Viva, al quale appena ieri il premier Giuseppe Conte aveva lanciato un appello invitando tutte le forze in campo «a non abbarbicarsi su questioni di principio». Il punto è che senza un’intesa sulla riforma della prescrizione rischia di arenarsi anche la tanto annunciata riforma del processo penale che sembra essere pronta da due anni ma che non riesce ad arrivare in Aula per una discussione. Anche per questa ragione il Guardasigilli è contrariato: «Il mio impegno è portare la riforma per abbreviare i tempi dei processi al Consiglio dei ministri. Lì ciascuno si assumerà le sue responsabilità».
Se Bonafede perde la pazienza, ci prova il vicesegretario nazionale del Pd Andrea Orlando a fare da pompiere. «Noi non vogliamo che si rimetta in gioco Salvini e che si ricostruiscano alleanze trasversali. Possiamo arrivare a una modifica della norma senza dare vantaggi alla destra e la patente di garantismo a chi non la merita», dice l’ex ministro della Giustizia intervistato in Circo Massimo su Radio Capital. Insomma, Orlando prova a giocare la carta della minaccia salviviana, che è poi quella che ha spinto Matteo Renzi a dare il via libera alla nascita del governo giallorosso, per cercare di convincere Italia Viva a deporre l’ascia di guerra.
«Non so se – afferma il dirigente Pd – quando si voterà la proposta Costa che cancella la riforma Bonafede ci sarà la crisi di governo, nel caso Renzi votasse con le opposizioni. So che sarebbe dare una bandiera alla destra, dando tra l’altro una patente di garantismo a forze politiche che hanno fatto fare passi indietro all’ordinamento giuridico sul tema dei diritti». Orlando poi chiarisce la posizione attuale del Pd. «Noi vogliamo un contrappeso nel processo – spiega – se la norma resta così o viene parzialmente modificata in base alle indicazioni che sono emerse finora, allora poi bisogna fare in modo tale che nel processo ci sia una definizione dei tempi certi. Un imputato deve sapere che un processo si deve tenere entro tempi tassativi nel momento in cui c’è l’interruzione della prescrizione».
Quando gli si chiede allora se la mediazione di Italia Viva con la moratoria di un anno sia quella giusta per arrivare alla definizione di questi contrappesi Orlando risponde che «si fa finta di non capirsi, perché la moratoria l’abbiamo proposta mesi fa ma i nostri alleati l’hanno rigettata e non so se è giusto riproporre una cosa che i 5 stelle hanno già rifiutato. Non sarebbe la giusta mediazione ma sarebbe un ricominciare da capo. Quello che serve ora è incontrarci, si definiscano i contrappesi ma si deve fare in fretta».
mercoledì, 5 Febbraio 2020 - 15:02
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