Due questioni poste dalla difesa dell’ex primario Paolo Jannelli all’attenzione del Riesame per chiederne la scarcerazione. Una delle quali racconta di un pasticcio procedurale che fu già ‘censurato’ nel 2016 prima da una sezione del Tribunale della Libertà e poi da un giudice per le indagini preliminari.
C’è un retroscena che è doveroso affrontare per narrare la scarcerazione di Paolo Jannelli disposta ieri dai giudici della ottava sezione del Tribunale del Riesame di Napoli (presidente Oriente Capozzi). Partiamo da una premessa: per comprendere il ragionamento dei giudici e capire perché si sono discostati dalle conclusioni del gip e dunque della procura, occorrerà attendere il deposito delle motivazioni che avverrà entro 45 giorni. E’ tuttavia possibile che il Riesame abbia accolto una delle due richieste avanzate dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Maurizio Lojacono. Il penalista non è entrato nel merito delle contestazioni mosse a Jannelli (che a suo carico ha già una condanna, in primo grado a 9 anni per avere dirottato pazienti di ortopedia dall’ospedale Cardarelli dove era primario alla clinica privata Villa del Sole), ossia non è intervenuto sulla gravità indiziaria. Il che lascia pensare che il Riesame potrebbe non essersi pronunciato nel merito.
Il penalista ha sollevato due questioni: la più ‘semplice’ riguarda la mancanza delle esigenze cautelari. La questione più complessa invece è l’eccezione di inutilizzabilità di tutti gli atti di indagine, che svela un retroscena sino ad oggi mai emerso. Per l’accusa di bancarotta Jannelli fu indagato nel 2014 e successivamente subì un sequestro di beni. L’avvocato Lojacono propose Riesame ed evidenziò che il pm titolare del caso non aveva mai fatto la richiesta di proroga delle indagini pur avendo continuato ad indagare. Era il 2016. La questione fu accolta dal Tribunale del Riesame che annullò il provvedimento di sequestro. La procura – come ricostruito dal penalista nella recente udienza di Riesame che ha restituito la libertà a Jannelli – si rivolse dunque al gip per chiedere la proroga, ma il gip negò il consenso indicando al pm di procedere con un’imputazione oppure con un’archiviazione. Passa il tempo e si arriva al 20 gennaio, quando scattano i domiciliari – su ordinanza di custodia cautelare – di Paolo Jannelli.
Ebbene, la difesa ha portato all’attenzione dei giudici della ottava sezione penale del Tribunale del Riesame di Napoli questo percorso procedurale chiedendo ai giudici di dichiarare l’inutilizzabilità degli atti di indagine come fatto nel 2016. Resta adesso da capire quale delle due questioni siano state accolte: laddove il Riesame ritenga che non vi siano le esigenze cautelari, l’inchiesta non subirebbe alcuno scossone. Diverso, invece, sarebbe se il Riesame ritenesse inutilizzabili gli atti di indagine. Una cartina di tornasole della decisione del Riesame potrebbe arrivare nella giornata di domani, in occasione dell’udienza di Riesame fissata per discutere del sequestro dei beni: in caso di carenza delle esigenze cautelari, si avrebbe infatti una conferma del provvedimento di sequestro.
Resta per ora lo scenario accusatorio che ha riportato il nome di Jannelli al centro delle cronache. L’attività investigativa, condotta dagli specialisti del Gruppo Tutela Mercato Capitali del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli, ha avuto origine dal fallimento della società Casa del Sole spa, proprietaria della clinica Villa del Sole, di fatto amministrata da Jannelli il quale, oltre a detenere, personalmente e/o attraverso persone di sua fiducia, quote della società fallita, rivestiva la carica di primario sia presso la C.O. Ortopedia del ginocchio dell’Ospedale cittadino “A. Cardarelli”, che presso la suddetta clinica. Secondo l’accusa, vi sarebbe stata una «distrazione di somme di denaro, corrisposte dai pazienti alla Casa del Sole per le prestazioni ricevute, che venivano fatte confluire su conti correnti intestati a persone riconducibili al professionista e che, poi, successivamente, confluivano nella la società Il Muletto S.r.l., talvolta anche a fronte della emissione di fatture per operazioni inesistenti (quali ad esempio la locazione di un immobile ubicato a Capri e di una imbarcazione da diporto) volte a dare parvenza di legittimità alla operazione».
Il denaro sottratto alla Casa del Sole – è la tesi della procura – veniva accreditato, tra gli altri, su un conto corrente intestato a una ex dipendente della clinica, deceduta in data antecedente alla sua apertura, attivato dallo stesso professionista con la compiacenza di due funzionari di banca.
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martedì, 11 Febbraio 2020 - 16:05
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