Uccise la ex a Savona, Massari ai giudici: «Non l’ho fatto per gelosia, l’ho fatto perché mi ha portato via tutti i soldi»

Panchina rossa violenza sulle donne
La panchina rossa simbolo della lotta alla violenza contro le donne (foto Kontrolab)

Domenico Massari chiede di parlare. Chiede di spiegare perché il 13 luglio dello scorso anno ha ucciso l’ex compagna Deborah Ballesio mentre cantava in un karaoke. E non per giustificarsi, né per sminuire l’atrocità del gesto compiuto. Ma per inquadrare un movente che a suo dire non ha nulla a che fare con il ‘femminicidio’, con la gelosia, con il non avere accettato di essere stato lasciato come inizialmente ipotizzato la procura. Così, quando gli viene concessa la parola, il racconto che Massari offre dinanzi ai giudici della Corte d’Assise assume dei contorni agghiaccianti: «Non l’ho uccisa per gelosia, di lei non mi importava più nulla. L’ho fatto perché mi aveva rubato il futuro e portato via tutto. Se fossimo stati due uomini sarebbe finita nello stesso modo», dice. Quindi contesta le «tante menzogne sono state dette su di me», spiega di non avere «mai maltrattato nessuno» e ricostruisce cosa lo ha spinto a strappare via la vita a Deborah.

«Quando ci siamo fidanzati mi ha confidato il sogno di aprire un locale di lap dance – dice – Io non potevo comparire in società perché avevo un debito di 600 mila euro con Equitalia, quindi l’ho intestato solo a lei, investendo 400 mila euro in contanti frutto anche del traffico di droga. Poi lei mi ha estromesso e per questo le ho bruciato il locale». Poi aggiunge: «Quando sono uscito dal carcere sono andato nel terreno in cui avevo sepolto la mia ‘pensione’ e ho trovato tante buche e niente soldi. Sono caduto nello sconforto, non avevo più nulla». Da qui, spiega, la decisione di vendicarsi sparandole più colpi con uno che ferì anche una bambina. «E’ stato quando ho saputo di questo particolare che ho deciso di costituirmi. Altrimenti non avrei avuto problemi a nascondermi: a 12 anni prendevo frustate, a 16 ho conosciuto la droga, avevo imparato a cavarmela».

Quindi la sua conclusione: «Condannatemi, è giusto, ma non fatemi passare per un mostro». Nel corso dell’udienza sono stati sentiti anche l’amica che lo ha ospitato nei mesi precedenti l’omicidio («Era triste e taciturno, senza soldi, mi ha aiutato con la bambina», ha detto la donna) e l’automobilista che lo ha portato a Sanremo dove Massari si è costituito il giorno dopo l’omicidio: «Mi ha legato le mani con un foulard, aveva una pistola. L’ho assecondato perché ho pensato che così sarei potuto tornare a casa».

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martedì, 18 Febbraio 2020 - 15:07
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