L’inchiesta sulla ‘sanitopoli lucana’, esplosa nell’estate del 2018 con l’esecuzione di 22 misure cautelari (2 in carcere e 20 ai domiciliari), sarà oggetto di verifica da parte del Tribunale di Matera. Nella giornata di ieri il giudice dell’udienza preliminare Angelo Onorati del Tribunale di Matera ha disposto il rinvio a giudizio delle 22 persone sul banco degli imputati, accogliendo la richiesta formulata dalla procura. Il dibattimento prenderà il via il prossimo 22 aprile.
Sul banco degli imputati ci sarà anzitutto Marcello Pittella (Pd), che era alla guida della Regione Basilicata quando fu colpito da misura cautelare ai domiciliari e che proprio in seguito all’indagine ha dovuto rassegnare le dimissioni (24 gennaio 2019), dimissioni che gli hanno consentito di ottenere la libertà. E’ lui la figura chiave dell’indagine, tanto è vero che il ruolo che la procura gli attribuisce ha poi ispirato il nome dell’inchiesta: ‘Suggello’. Sì, perché secondo la procura era Pittella, in qualità di governatore, ad avere l’ultima parola nei concorsi truccati e nelle nomine guidate nella sanità lucana. Nella misura cautelare, il gip scrisse che Pittella era il deus ex machina di una «distorsione istituzionale» che ha portato all’«asservimento della funzione pubblica a interessi di parte su sollecitazione di una moltitudine di questuanti».
Oltre a Pittella, dovranno affrontare il processo Pietro Quinto e Giovanni Chiarelli, all’epoca dei fatti commissari delle Asl di Matera e di Potenza, Giovanni Battista Bochicchio, Vito Montanaro (ex direttore della Asl di Bari), Maria Benedetto, Maddalena Berardi, Anna Rita Di Taranto, Davide Falasca, Vito D’Alessandro, Graziantonio Lascaro, Cristoforo Di Cuia, Maria Evangelista Taccardi, Gianvito Amendola, Angela Capuano, Gennaro Larotonda, Rosanna Daniela Grieco, Gaetano Appio, Carmela Lascaro, Roberto Lascaro, Roberta Fiorentino, Claudio Lascaro. Due imputati hanno scelto il rito abbreviato e sono stati condannati a dieci mesi di reclusione ciascuno (pena sospesa); altri otto sono stati prosciolti (fra i quali Luigi Fruscio, un altro dirigente della Asl di Bari); due imputati, Agostino Meale (docente di diritto amministrativo all’Università di Bari) e Alessandra D’Anzieri, hanno scelto il rito abbreviato e sono stati assolti per non aver commesso il fatto.
Secondo l’accusa, l’inchiesta ha alzato il velo su un «avvilente quadro di totale condizionamento della sanità pubblica da parte degli interessi privatistici e di vile asservimento a logiche clientelari politiche». Per i pm gli indagati – a seconda dei rispettivi ruoli – avrebbero inquinato il sistema sanitario regionale attraverso assunzioni figlie di raccomandazioni ed avrebbero manipolato concorsi a favore di determinate persone. Questo «non solo al fine di ampliare il consenso elettorale – scrisse all’epoca il gip – ma anche allo scopo di ‘scambiare’ favori politici di pari schieramento che governano Regioni limitrofe, come è il caso della Puglia e della Campania».
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mercoledì, 19 Febbraio 2020 - 13:40
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