Coronavirus, carico di granella dall’Irpinia bloccato dagli ungheresi: «Prodotto italiano, vogliamo doppie analisi»

Coronavirus
di Bianca Bianco

Il carico di granella di nocciole era pronto per partire. La solita trafila burocratica, poi un camion lo avrebbe portato dall’Irpinia in Ungheria, diretto ad un’azienda di distribuzione con cui i rapporti di lavoro da anni sono cordiali e costanti. Ma prima della partenza, la telefonata degli ungheresi alla piccola società italiana: «Chiediamo nuove analisi sul prodotto, in Italia c’è il Coronavirus».

Nel quotidiano racconto delle conseguenze del Covid-19 sulla salute ma anche sull’economia e sul lavoro, questa storia non è la prima né sarà l’ultima. Da quando l’Italia è additata come ‘focolaio d’Europa’, con prevedibili danni d’immagine anche per le imprese, che si sommano alle difficoltà già esistenti a causa di restrizioni necessarie per contenere il contagio, le cautele delle aziende europee che fanno affari con quelle della Penisola sono aumentate in maniera esponenziale.

E così alla legittima prudenza che impone per esempio di non far entrare sul proprio territorio camionisti italiani si aggiungono richieste ai limiti dell’assurdo. Ormai è risaputo che il contagio non ‘passa’ per via alimentare, che i prodotti italiani sono e restano d’eccellenza, che il virus si propaga in altro modo, di certo non si annida tra i colli di un carico alimentare. Ma tant’è.

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A raccontare questo episodio è lo stesso amministratore delegato della società che ha sede nell’Avellinese e che preferiamo non citare per non arrecare ulteriori danni di immagine rispetto a quelli che subiscono per il solo fatto di essere un’attività italiana ai tempi del Coronavirus.

«Finora- racconta l’imprenditore, alle spalle una ventennale esperienza nel settore della trasformazione dei prodotti alimentari – non avevamo avuto particolari problemi. Il nostro mercato è ampio, abbraccia anche l’Asia, ma non abbiamo registrato intoppi. Tranne per questa insolita richiesta dall’Ungheria».

La società di distribuzione cui era diretto il carico di granella, un prodotto che va molto bene sul mercato, usato soprattutto per dolci e gelati, ha avvertito l’azienda irpina che aveva bisogno di più analisi. Ed è stata accontentata. La merce era, come sempre ed ovviamente, incontaminata. Ma chi gestisce un’azienda sa che il cliente va accontentato sempre e che di questi tempi la trasparenza è un ottimo passpartout quando si fa business con Paesi esteri spaventati.

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«Questa è la richiesta più particolare che abbiamo ricevuto – racconta ancora l’imprenditore – Ma da Francia, Germania, Belgio e Romania, altri Stati in cui abbiamo contratti commerciali, ci è stato chiesto di inviare la merce con camion guidati da autisti non italiani. Sempre per contenere eventuali contagi».

Nonostante questi ‘disguidi’ comunque le cose per la società, che ha un capitale di oltre 10 milioni di euro, vanno come sempre. Non ci sono state altre ripercussioni, né un calo nelle commesse. Anche il lavoro è quello di sempre, con qualche precauzione particolare: «Niente rapporti ravvicinati, rispettiamo il metro di distanza. Abbiamo scorte di amuchina e abbiamo raccomandato ai dipendenti il rispetto delle regole suggerite dall’Oms e dal Ministero della Salute. Per il tipo di prodotto che commercializziamo invece, dalla granella alla crema di nocciole, i controlli e le analisi sono già molto stringenti in base alle nostre normative». Una circostanza che non sembra però rassicurare i partner esteri. «E’ il periodo – ammette l’amministratore delegato – ma con gli sforzi di tutti passerà e ci riprenderemo».

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lunedì, 9 Marzo 2020 - 14:08
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