Coronavirus, la Lombardia stremata chiede di chiudere tutto. Conte scettico: «Il rischio è esiliare tutti gli interessi in gioco»

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Il Duomo di Milano (foto d'archivio)

Nella Lombardia stremata dai contagi per Coronavirus, barbieri e parrucchieri sono ancora aperti. In Campania, dove i positivi sono in numero assai inferiore, il Governatore Vincenzo De Luca ha imposto la serrata. Pure i negozi di abbigliamento sono aperti. Come i fiorai, gli alberghi. Lavorano poco. La maggior parte non lavora affatto. A Milano le vie dello shopping sono deserte. Però i commercianti non intendono abbassare la saracinesca perché serpeggia il sospetto che il Governo non abbia ordinato la serrata per evitare di dare indennizzi e temono che, in caso di chiusura volontaria, non beccheranno un euro di sostegno. Ma è una resistenza sfiancante. I milanesi sono tappati in casa. Del resto lo ha ordinato anche il decreto legge ‘io resto a casa’.

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E, allora, ecco che, adesso, è la Lombardia a chiedere al Governo una misura rigida, la più rigida, quella che, con un po’ di coraggio, si sarebbe dovuta adottare settimane fa, evitando la propagazione del virus anche al Sud e soprattutto la fuga isterica di massa di centinaia di possibili contagiati verso il Meridione. «Bisogna chiudere tutto», dice il governatore Fontana. E lo fa portando avanti le richieste di ben dodici sindaci. Chiudere tutto significa, per Fontana, fermare ogni tipo di attività commerciale, ad eccezione dei supermercati e delle farmacie. Chiudere tutto, per Fontana, significa anche bloccare «il trasporto pubblico», il che inevitabilmente imporrebbe a molti milanesi di non lavorare. Ma tant’è: in Lombardia la situazione è drammatica:  il sistema sanitario è ormai al collasso, tanto che non ce la si fa più neanche a consegnare il bollettino dei contagi da leggere nelle consuete conferenze stampa delle 18. Solo ieri nella regione più produttiva d’Italia si sono registrati 135 morti sui 168 complessivi, avvenuti una sola giornata, in tutta Italia.

«E’ il tempo della fermezza – sono le parole, chiarissime, di Fontana – Bisogna chiudere tutto adesso per ripartire il prima possibile. Le mezze misure non servono». Parole subito raccolte da Matteo Salvini. «Sto con i governatori e i sindaci che chiedono misure ferme, certe, sicure – dice il leader della Lega – Salvo i servizi essenziali, è necessario chiudere tutto subito». Richieste alle quali l’esecutivo non dice no, ma prende tempo. Il più scettico è il premier Conte e, anche nella conferenza stampa tenuta a Palazzo Chigi per annunciare una manovra da 25 miliardi a sostegno della tutela della salute, di imprese e famiglie, ha manifestato le sue perplessità, invitando a non esasperare il dibattito pubblico con richieste di «misure rigide» sulla scorta della paura.

«L’obiettivo primario è tutelare la salute dei cittadini. Però teniamo anche conto che ci sono altri interessi in gioco – ammonisce Conte – Per esempio quando disponiamo misure restrittive che incidono sulla vita delle persone, dobbiamo essere consapevoli che ci sono libertà civili e diritti sociali che vengono incisi. Dobbiamo sapere che c’è la libera impresa che subisce restrizioni e pure esso è un valore costituzionale». Per questa ragione Conte invita ad abbassare i toni: «Non vorrei che si iniziasse in modo parossistico a chiedere misure restrittive, e che poi il paese si svegliasse e tutti gli interessi in gioco non rimarrebbero più in piedi ma sarebbero stati completamente conculcati, completamente esiliati». Tuttavia nulla è escluso. Il Governatore della Lombardia Attilio Fontana è stato invitato «a formalizzare le sue richieste, motivandole». Poi si vedrà.

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mercoledì, 11 Marzo 2020 - 14:21
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