Una decisione senza precedenti. Fabbriche italiane chiuse per quindici giorni, extrema ratio del Governo per contenere il Coronavirus che solo nella giornata di oggi ha mietuto 793 vittime. Stop alle aziende non ‘strategiche’ per il Paese, restano aperte le imprese che forniscono beni e servizi di prima necessità: trasporti, sanità, telecomunicazioni, alimentari, farmacie, parafarmacie. Restano aperte anche tutte quelle aziende che sono collaterali ai beni di prima necessità: per intenderci le fabbriche che producono imballaggi, i confenzionamenti del cibo. Restano aperti anche gli uffici a patto che si proceda con lo smart working.
Il premier Giuseppe Conte, ancora una volta, si affida ad un videomessaggio per spiegare le nuove drastiche misure per arginare il contagio che angoscia l’Italia. Misure che arrivano dopo la strigliata dei governatori come Vincenzo De Luca in Campania e Attilio Fontana in Lombardia che chiedevano di bypassare le mezze misure e chiudere tutto. Prima di prendere la decisione, il premier ha incontrato in videoconferenza anche i sindacati (Cgil, Cisl e Uil) che in una lettera congiunta avevano chiesto di «valutare la possibile necessità di misure ancor più rigorose di sospensione delle attività non essenziali in questa fase per il nostro Paese».
«La decisione del Governo – ha detto Conte- è di chiudere sul territorio ogni attività produttiva non necessaria, cruciale, indispensabile, a garantirci beni e servizi essenziali. Abbiamo lavorato per stilare una lista dettagliata delle filiere produttive di pubblica utilità, più necessarie per il funzionamento dello Stato in questa fase di emergenza. Restano aperti i supermercati, gli alimentari, per queste attività non ci sono restrizioni, non c’è ragione di fare una corsa agli acquisti. Saranno aperte farmacie e parafarmacie, banche, poste, assicurazioni ed attività finanziarie, trasporti, attività connesse accessorie e funzionali a quelle essenziali. Consentiremo solo lo svolgimento di lavoro in smart working. Rallenteremo il motore del Paese, decisione difficile ma necessaria per potere contenere quanto più possibile la diffusione dell’epidemia».
«Non abbiamo alternative, in questo momento dobbiamo resistere perché solo così tuteleremo noi stessi e le persone che amiamo. Il sacrificio di rimanere a casa è minimo se pensiamo ad altri sacrifici, come quello di medici ed infermieri, forze dell’ordine, forze armate, protezione civile, commessi dei supermercati, farmacisti, autotrasportatori, lavoratori del settore pubblico e dell’informazione. Uomini che compiono ogni giorno un atto di responsabilità ed amore nei confronti dell’Italia intera »
«E’ la crisi più difficile che il Paese sta vivendo – ha affermato il Premier – dal secondo dopoguerra. Ci confrontiamo con immagini che ci feriscono e lasciano un segno che resterà impresso anche quando questo speriamo presto sarà finito. Le morti di tanti concittadini, per i nostri valori, non sono semplici numeri. Quelle che piangiamo sono persone, storie di famiglie che perdono gli affetti più cari».
«Le misure finora adottate – ha continuato – richiedono tempo per avere effetto, sono consapevole che sono severe. Non abbiamo alternative, in questo momento dobbiamo resistere perché solo così tuteleremo noi stessi e le persone che amiamo».
«L’emergenza sanitaria – ha concluso Conte – sta tramutando in emergenza economica ma a voi tutti dico che lo Stato c’è ed è qui, stiamo approntando misure per rialzare la testa e ripartire quanto prima. Stringiamoci forte come una catena per difendere la vita, se mancherà un anello ci esporremmo ad un rischio più grande. Queste rinunce ci consentiranno di riprendere al più presto».
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sabato, 21 Marzo 2020 - 23:39
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