Coronavirus, il sindaco di Ercolano Buonajuto: «I soldi del Governo? Pochi. E la camorra rischia di farsi avanti»

Ciro Buonajuto
Il sindaco di Ercolano (Na) Ciro Buonajuto
di Bianca Bianco

C’è chi ha venduto un anello per poter racimolare i soldi della spesa. O chi, rimasto senza lavoro, ha bussato alla porta dell’ufficio del primo cittadino per chiedere come mettere un piatto in tavola, come dar da mangiare ai propri figli, come tirare avanti. Chi, infine, si affida alla camorra che con prestiti micro-usurari mette la bandierina sulla disperazione della gente. Scene da un’emergenza sanitaria diventata, giorno dopo giorno, disastro economico.

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Scene vissute dal primo cittadino di Ercolano Ciro Buonajuto che, come tanti suoi colleghi che indossano la fascia tricolore in questo periodo complicato della storia del Paese, affrontano in trincea, spesso a mani nude – senza risorse, con pochi mezzi – una situazione che potrebbe trasformarsi in una bomba sociale ad orologeria. Con l’ulteriore spina nel fianco della malavita che qui, città che «ha chiuso la porta alla camorra ed al racket», oggi rischia di vedere la criminalità organizzata in campo con il suo Welfare «veloce ed incisivo».

In un simile contesto a poco servono i 400 milioni di euro messi a disposizione dal Governo con il Fondo alimentare, dicono i sindaci e tra loro Buonajuto: «Come ha detto il presidente dell’Anci Antonio De Caro – commenta – basteranno per pochi giorni. Bisogna fare altro».

Sindaco, in base ai parametri decisi per lo stanziamento dei fondi ai Comuni per buoni spesa e buoni pasto ad Ercolano spettano 492mila euro. Sono sufficienti?
«Basta fare un calcolo. I criteri indicati dal Governo per individuare la platea sono tre: le persone già censite dai servizi sociali, che ad Ercolano sono 350 famiglie; quanti hanno perso il lavoro a causa del Coronavirus, dal piccolo commerciante all’artigiano fino al piccolo professionista; quanti non hanno un lavoro e non sono censiti dei servizi sociali. Si arriva così a oltre 2mila famiglie bisognose cui spetterebbero, pro capite, 200 euro».

Bastano?
«Come ha detto il presidente dell’Anci De Caro, bastano per due settimane e sono solo un segnale, ma non garantiscono un vero sostentamento».

Se questi aiuti sono pochi e simbolici, ad Ercolano come vi state attrezzando per andare incontro alle famiglie più deboli?
«Stiamo lavorando a ritmi incredibili, senza risparmiarci un minuto, per cercare di venire incontro alle legittime richieste dei cittadini. Per questo abbiamo mosso la macchina della solidarietà privata. Giovedì ci doneranno tre tonnellate di pasta, i benefattori sono privati; alcune catene di supermercati ci hanno regalato pacchi alimentari, i consiglieri hanno rinunciato al gettone di presenza e stanno spendendo per la causa tutto il loro tempo. Poi ci sono circa 100 attività che hanno avviato, dopo il nostro appello, la spesa sospesa, il paniere della solidarietà. Con o senza l’aiuto del Governo, noi non lasceremo indietro nessuno».

Le persone che bussano alla sua porta cosa chiedono?
«Vogliono mangiare. Vogliono il pacco alimentare perché non riescono a mettere nemmeno il piatto in tavola. Sono storie reali, drammatiche. Mi ha scritto una donna che solo vendendo un suo anello ha potuto fare la spesa. Non ci ho dormito due notti. Quel messaggio lo farei leggere al sindaco di Gallarate che ha detto che i fondi per il Sud sono troppi…».

C’è il rischio che la camorra si faccia avanti per approfittare della disperazione delle famiglie?
«Certo. Noi abbiamo una storia recente importante, fatta di una battaglia che ci ha visto vincere, insieme a forze dell’ordine, associazioni e giudici, contro il racket. Noi abbiamo chiuso la porta alla camorra e la terremo ben chiusa ma siamo consapevoli che il rischio che la malavita, col suo Welfare rapido ed incisivo, si faccia avanti c’è».

In che modo?
«Con i prestiti micro usurari per l’acquisto di alimenti. Facendo perno sui bisogni delle persone per imporre piccoli prestiti e strozzare chi vive già una condizione difficile. La nostra azione mira anche a questo: sbarrare la porta ai clan».

Con questo bagaglio di storie, cosa chiederebbe a Conte se potesse parlargli?
Non chiederei soldi, gli chiederei pensare al Mezzogiorno, di avere attenzione per il Sud, di sburocratizzare. Lui è un uomo del Sud, sa di cosa parlo. Non si tratta di una questione economica, ma di dignità».

Restando in tema Coronavirus, ma stavolta sul fronte dell’emergenza contagi. Lei ha adottato, tra i primi in Italia, un’ordinanza molto restrittiva che impone la spesa in ordine alfabetico suddivisa per giorni della settimana? Come stanno reagendo i suoi concittadini?
«Hanno reagito con maturità e li ringrazio. Quell’ordinanza certamente non mi ha regalato grande popolarità, è molto restrittiva. Ma non si agisce per il consenso, si agisce per tutelare la salute e quello è un modo severo ma necessario».

Lei è coordinatore provinciale di Italia Viva, il suo leader Matteo Renzi ha proposto, attirandosi anche critiche, di far ripartire il Paese quanto prima. E’ d’accordo?
«Bisogna tutelare la salute e restare a casa ma anche approntare un piano a macchia di leopardo che ci consenta gradualmente di ripartire. Noi sindaci chiediamo questo, per esempio di riattivare il servizio di manutenzione delle strade, di far girare il motore del Paese».

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martedì, 31 Marzo 2020 - 18:54
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