Sulla carta sono due moduli da compilare e scaricare. Nella pratica sono l’ennesima dimostrazione che l’Italia non sa sburocratizzarsi nemmeno in tempi di pandemia. La convenzione tra Governo, associazione bancari e sindacati sull’erogazione della cassa integrazione direttamente da parte degli istituti di credito è stata salutata come un’occasione per sveltire le pratiche e consentire ai lavoratori di aziende danneggiate economicamente dal Coronavirus di avere l’ammortizzatore sociale più rapidamente. A ben guardare, però, il meccanismo che le parti si sono inventate non è affatto libero dai lacciuoli della burocrazia, magari stavolta meno invasiva ma comunque ‘pesante’.
La banca eroga la Cig
Ma andiamo con ordine. Lo scorso 31 marzo l’Abi ha definito la convenzione per l’erogazione, da parte delle banche, dell’anticipazione della cassa integrazione ordinaria e della integrazione in deroga previste dal decreto ‘Cura Italia’. Tutti i sindacati ed il ministro del Lavoro hanno aderito all’accordo e, ha poi specificato l’associazione, sono state concordate «modalità semplificate» per definire l’importo e si è cercato di velocizzare quanto più possibile consentendo che ogni atto possa avvenire online. La somma che verrà anticipata dalle banche è di 1400 euro per lavoratore, per un massimo di 9 settimane, quindi 700 euro al mese. La convenzione scade il 31 dicembre del 2020, dunque sono contemplate possibilità di proroga.
I beneficiari
Si tratta di quei lavoratori dipendenti o soci lavoratori, lavoratori agricoli e della pesca di datori di lavoro che abbiano disposto la Cig a zero ore ed abbiano fatto domanda di pagamento diretto da parte dell’Inps del trattamento di integrazione salariale ordinario o in deroga.
Se Inps non paga la banca si rivale sul lavoratore
Passando al testo della convenzione, il meccanismo prevede che l’istituto di credito anticipi la somma e poi sia ‘rimborsato’ dall’Inps entro massimo 7 mesi e qui arriva il primo ‘intoppo’. Se, infatti, per un motivo qualsiasi, l’Inps non riesce a rimborsare la banca entro i termini pattuiti o se la domanda dovesse essere respinta «la Banca potrà richiedere l’importo dell’intero debito relativo all’anticipazione al/la lavoratore/trice che provvederà ad estinguerlo entro trenta giorni dalla richiesta» (articolo 6). In pratica, se accade un qualsiasi disguido e l’Inps non ridà i soldi alla banca, a pagarne le spese è il lavoratore che però non ha a sua volta sette mesi per ‘riparare’ ma solo 30 giorni. Se il lavoratore non riuscirà a saldare il debito «il datore di lavoro verserà su tale conto corrente gli emolumenti e tutte le componenti retributive spettanti al lavoratore, fino alla concorrenza del debito» (articolo 6).
La modulistica
Superata la convenzione, andiamo alla modulistica. Si tratta di due moduli scaricabili dal sito dell’Abi. Il primo al datore di lavoro ed il secondo al lavoratore. Nonostante le pretese di semplificazione, infatti, non è il solo datore di lavoro o il solo dipendente a dover interloquire con l’istituto bancario perché spetta al primo rivolgersi alla propria regione per domandare la concessione del trattamento di integrazione salariale in deroga e poi a confermare alla banca di avere avuto l’ok della regione e di chiedere la cassa integrazione per il dipendente. Un modulo, ovviamente, per ogni lavoratore. A sua volta il lavoratore sospeso a zero ore scrive alla banca per segnalare che la sua impresa ha fatto domanda di cassa in deroga «l’erogazione dell’anticipazione del trattamento di cui alla Convenzione in oggetto, alle condizioni da Voi comunicate».
Il conto corrente dedicato
Una volta esaurita questa fase, si spera in tempi brevi ma che comunque dipendono a loro volta dai tempi di un terzo soggetto, ovvero la regione, il lavoratore dovrà aprirne un altro ‘dedicato’ su cui si «adotteranno condizioni di massimo favore al fine di evitare costi, in coerenza alla finalità ed alla valenza sociale dell’iniziativa». In questo caso, dopo le polemiche politiche esplose per un post di Salvini, si è spiegato che non verranno aperti nuovi conti correnti quando non già esistenti. Infine «è fatta salva la facoltà delle Banche – si legge all’articolo 5 della Convenzione – che applicano la Convenzione di procedere all’apertura di credito previa istruttoria di merito creditizio da effettuarsi nel più breve tempo possibile».
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giovedì, 2 Aprile 2020 - 19:00
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