«Eccessiva frammentazione dei fatti» e un «percorso argomentativo in contrasto con le regole che governano l’accertamento» del concatenarsi degli eventi nel ricostruire il ‘caso Manduca’, il drammatico femminicidio più volte annunciato e consumatosi nell’inerzia dello Stato.
Sono questi i motivi per i quali la Cassazione ha nettamente bocciato la decisione presa dalla Corte di Appello di Messina, il 19 marzo 2019, di revocare l’indennizzo per danno patrimoniale in favore dei tre figli di Marianna Manduca, la giovane madre siciliana uccisa dal marito Saverio Nolfo, invano denunciato per 12 volte in un anno alla Procura di Caltagirone (Messina). L’uomo accoltellò la ex moglie con numerosi fendenti a Palagonia (Catania), il 3 ottobre 2007, sotto gli occhi di diversi passanti e del padre della stessa vittima. A più riprese Marianna aveva denunciato di essere stata minacciata con il coltello dal marito dal quale si stava separando. Ma la Procura non provvide nemmeno a fare una perquisizione e a sequestrare l’arma dando così almeno un segnale di tutela nei confronti della donna lasciata completamente sola.
Secondo i giudici d’appello, «l’omissione addebitabile alla Procura» sarebbe stata «eziologicamente insufficiente» nel determinare la morte di Marianna dato che «la perquisizione e l’eventuale sequestro non avrebbero impedito la morte della giovane mamma» a fronte della determinazione ad ucciderla del marito, già noto per problemi di droga. Per la Cassazione, questo modo di ragionare è «contraddittorio» e non può essere condiviso. Adesso il caso sarà nuovamente esaminato dalla Corte di Appello di Catanzaro designata dagli ‘ermellini’ come giudice del rinvio. Con questo verdetto emesso dalla Terza sezione civile della Suprema Corte – presieduta da Adelaide Amendola – e reso in materia di «responsabilità dei magistrati», i supremi giudici hanno accolto il ricorso di Carmelo Calì, il cugino di Marianna, che con sua moglie ha adottato i tre ragazzini, uno ancora minorenne.
In loro nome si è costituito in giudizio contro la Presidenza del Consiglio dei ministri che aveva ottenuto la revoca dell’indennizzo con una sentenza che aveva suscitato polemiche e indignazione. Marianna è stata uccisa da Saverio Nolfo, condannato a 21 anni di reclusione con l’abbreviato. È la seconda volta che la Cassazione interviene in favore dei figli della vittima, difesi dall’avvocato Alfredo Galasso, ex magistrato antimafia. Già nel 2015 aveva annullato l’ordinanza con la quale il Tribunale di Caltagirone aveva dichiarato «inammissibile» il ricorso di Calì che chiedeva che i figli di Marianna, che da tempo vivono a Senigaglia con la ‘nuova’ famiglia,fossero almeno indennizzati in base alle vecchie norme sulla responsabilità dei magistrati. Il Pg della Cassazione Mario Fresa – recentemente denunciato da sua moglie per maltrattamenti- aveva chiesto di confermare l’appello.
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giovedì, 9 Aprile 2020 - 13:27
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