Servizi pubblici affidati a ditte di proprietà di parenti di qualche politico locale o a personaggi già finiti nei ‘guai’ con la giustizia e peggio ancora in odore di camorra. Gare piene zeppe di irregolarità, e settori strategici come quello all’Urbanistica o della Polizia municipale gestiti da responsabili – scelti dal sindaco – dove si sono consumati decine e decine di favori.
All’indomani delle ‘avvelenate’ elezioni amministrative del giugno del 2017 che proclamarono sindaco Aurelio Russo (sostenuto da liste civiche e dal Partito democratico) e che furono connotate dal sequestro di oltre 300 tessere elettorali per un presunto inquinamento del voto, al Comune di Sant’Antimo (in provincia di Napoli) vi è stato un «uso distorto della cosa pubblico» in favore di «soggetti o imprese collegati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata», oltre che «un marcato, endemico disordine gestionale». Sono le conclusioni alle quali sono giunte le forze dell’ordine cui il Prefetto di Napoli delegò le verifiche di eventuali infiltrazioni nell’amministrazione comunale, conclusioni dalle quali è poi scaturita, nel marzo scorso, la decisione del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese di sciogliere il Consiglio comunale e di affidarne la gestione, per la durata di 18 mesi, alla commissione straordinaria composta dal viceprefetto Maura Nicolina Perrotta, dal viceprefetto Simonetta Calcaterra e dal funzionario economico-finanziario Salvatore Carli. Il report delle conclusioni investigative è contenuto nella sezione ‘decreti presidenziali’ della Gazzetta Ufficiale pubblicata nella tarda serata di ieri, giovedì 30 aprile.
Sotto i riflettori è finita l’amministrazione in carica a seguito delle elezioni del giugno 2017, un’amministrazione rispetto alla quale il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha usato parole di dura censura: «Le circostanze analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del prefetto hanno rivelato una serie di condizionamenti nell’Amministrazione comunale di Sant’Antimo, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale, nonché il pregiudizio degli interessi della collettività, rendendo necessario l’intervento dello Stato per assicurate la riconduzione dell’ente alla legalità». Ciò che è emerso è la «sussistenza di un’intricata rete di rapporti parentali, frequentazioni, cointeressenze tra diversi componenti la compagine politica e dei dipendenti, alcuni dei quali gravati da pregiudizi penali, ed esponenti della criminalità del luogo». Ciò che è emerso sono profili di pesante illegittimità e di ingerenze esterne negli atti assunti soprattutto nell’assegnazione di diversi servizi pubblici, come quello dell’igiene urbana, dei servizi cimiteriali, dell’urbanistica e dei lavori pubblici. Condizionamenti che – rimarca la relazione del prefetto – sono avvenuti nella «sorprendente inerzia dell’amministrazione comunale» che non ha assunto «iniziative incisive, soprattutto laddove occorreva alzare argini all’ingerenza del malaffare».
Qualche esempio. Anomalie sono emerse in relazione alla modalità della gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana a seguito della risoluzione del contratto stipulato nel 2012 con un consorzio con sede in Salerno. «Il nuovo consorzio, individuato attraverso una procedura negoziata, aveva al suo interno persone destinatarie di provvedimenti cautelari per associazione a delinquere, tra cui un soggetto imputato anche per falsità ideologica, ricettazione e reati commessi nel settore dei rifiuti», si legge nel report.
Irregolarità sono emerse anche all’esito delle verifiche disposte nel settore che gestisce il servizio dell’illuminazione votiva cimiteriale in relazione al quale la commissione d’indagine ha rilevato un generale disordine amministrativo, incontrando difficoltà nel reperire la documentazione relativa alle procedure gestite; lo stesso dirigente responsabile del servizio nel corso di audizione non ha fornito gli elementi informativi richiesti. Anche in questo caso vi sono state anomalie sulle diverse fasi della procedura di assegnazione del servizio.
Non mancano le ombre sulla procedura di gara per l’affidamento dei lavori di adeguamento antisismico di una scuola media comunale. «Al riguardo è significativa la circostanza che l’amministratore unico della società aggiudicataria è uno stretto parente di un amministratore comunale ed è riconducibile, per rapporti familiari, ad un pregiudicato, esponente della locale criminalità organizzata, tratto in arresto per gravi reati tra i quali quello di associazione di stampo mafioso», viene annotato.
Problemi non di poco conto anche sul fronte delle procedure per il servizio onoranze funebri: è emerso che sul territorio comunale hanno operato agenzie funebri prive di titoli abilitativi o comunque in violazione della normativa di settore. Spicca il caso di un’impresa i cui (reali) titolari, imparentati con esponenti della criminalità organizzata, erano gli stessi che in precedenza avevano gestito un’altra impresa di pompe funebri chiusa a seguito di un’ordinanza del febbraio 2018. La nuova autorizzazione all’esercizio dell’attività non era accompagnata da verifiche sui controlli antimafia e tuttavia il comandante della polizia municipale attestò che l’impresa, schermata da ‘prestanome’, avesse tutti i requisiti prescritti dalla normativa di settore. Secondo il Prefetto di Napoli l’omesso controllo antimafia è stato strumentale ad evitare una probabile certificazione interdittiva antimafia.
Veniamo così al ruolo del responsabile della Polizia municipale. E’ accusato di avere «operato con modalità contraddistinte da profili di illegittimità analogamente a quanto già verificatosi nel comune sciolto ai sensi dell’art. 143 T.U.O.E.L. presso il quale era stato in servizio».
Numerosi profili di illegittimità sono stati evidenziati anche rispetto ad alcuni provvedimenti emessi dal responsabile del settore urbanistico. Provvedimenti che, secondo le conclusioni, sarebbero andati a favorire familiari degli amministratori locali o di soggetti riconducibili alla criminalità organizzata operante sul territorio. Sospetto, ad esempio, è risultato un permesso di costruire emesso in violazione delle disposizioni in materia, rilasciato in favore del padre di un consigliere comunale – nonché stretto parente di un soggetto appartenente alla criminalità organizzata – di cui il menzionato dirigente, antecedentemente al conferimento dell’incarico di responsabile del settore urbanistica, era tecnico di fiducia.
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venerdì, 1 Maggio 2020 - 12:27
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