La sberla che il magistrato Nino Di Matteo, componente del Consiglio superiore della magistratura, ha servito in diretta televisiva al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha stordito l’intero Movimento Cinque Stelle.
Non una parola dai vertici pentastellati (sino alle 12.30, orario di pubblicazione dell’articolo) sulle pesanti dichiarazioni di Nino Di Matteo e sulle ombre che esse hanno provocato. Tace il capo politico Vito Crimi, nulla dicono altri ministri come Luigi Di Maio che però su Facebook trova il tempo per un post sulla ‘fase 2’ e per rivendicare che l’Italia è «una grande Nazione». Il silenzio grillino è assordante, segno che le dichiarazioni di Di Matteo – dalle quali ha provato a difendersi intervenendo telefonicamente in trasmissione – hanno toccato un nervo scoperto.
Così Bonafede è solo (per ora) nella tempesta. Inondato da richieste di chiarimenti e dimissioni che provengono a gran voce dalle opposizioni. Finanche Italia Viva, che siede nella maggioranza, ne chiede la testa. La rivendicazione è di Cosimo Ferri (Italia Viva), componente della Commissione Giustizia della Camera dei deputati e in passato fondatore e anima della corrente ‘Magistratura indipendente’: «Bonafede chiama a #NonelArena ma non spiega i motivi per cui nel giro di 48 ore ha prima proposto a Di Matteo e poi revocato la nomina a Capo Dap. Perché? Non è riuscito ad essere convincente.Ma in che mani è la giustizia italiana? Ministro si dimetta, fa miglior figura».
Solo una voce si è levata in difesa del ministro. Ed è la voce di Andrea Orlando, vicesegretario del Pd: «So che Bonafede forse non ragionerebbe così, ma se un ministro dovesse dimettersi per i sospetti di un magistrato, si creerebbe un precedente gravissimo. Il sospetto non è l’anticamera della verità, sinché non verificato resta un sospetto».
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lunedì, 4 Maggio 2020 - 12:31
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