Le mani sulla città, sugli imprenditori, sui commercianti. Anche in tempi di emergenza sanitaria e di conseguente crisi economica. Il clan Vollaro di Portici si conferma una cosca rapace, feroce. In grado di sopravvivere agli arresti, alle condanne e alla detenzione dei suoi storici capi, i Vollaro. Con la differenza, rispetto al passato e alla consolidata tradizione criminale della ‘famiglia’ secondo la quale al comando vi era sempre un Vollaro, che negli ultimi anni il gruppo si è dovuto affidare ai fedelissimi dei padrini, ché questi ultimi sono tutti in galera e diversi mesi fa, con un’ordinanza a sorpresa, la Dda ha bloccato sull’uscio del carcere Pietro Vollaro.
E’ il quadro che viene fuori dall’inchiesta che stamattina è sfociata nell’arresto di 15 persone, tra le quali Pasquale Scafo (che era stato scarcerato nel dicembre del 2019 ed è tornato in cella a inizio marzo perché accusato dell’omicidio di Luciano Santillo avvenuto il 13 dicembre del 2017), il fratello Salvatore e il padre Paolo, Giovanni Chivasso e Paolo De Mato (quest’ultimo già detenuto per un’estorsione al titolare di una panetteria a San Sebastiano al Vesuvio, fatto per il quale è in attesa di processo). Si tratta di un’inchiesta doppia, per l’esattezza. Che ha fotografato gli ultimi tre anni di attività della cosca, ricostruendone l’evoluzione e immortalando anche il momento, recentissimo, della scissione di alcuni suoi componenti, che hanno coltivato ambizioni autonomistiche forti del sostegno arrivato dai Luongo-D’Amico, l’ala guerrafondaia dei Mazzarella che da anni sognava di espandersi nella vicina Portici.
Indagine complessa, condotta dalla Squadra Mobile di Napoli e dagli agenti del commissariato di Portici-Ercolano sotto il coordinamento dei pm antimafia Sergio Ferrigno, Giuseppe Cimmarotta e del procuratore aggiunto Rosa Volpe. Indagine che ha confermato la pressione dei Vollaro sui commercianti ma in modo particolare sugli imprenditori edili. E che, ancora una volta, mette a nudo un nervo scoperto del tessuto sociale: la difficoltà delle vittime del racket a sporgere denuncia. Gli episodi di estorsione, tentata o consumata, cristallizzati nella misura cautelare sono ben 14 ma solo due persone si sono rivolte alle forze dell’ordine. L’una nel 2017 – che consentito agli inquirenti di riaccendere i riflettori sul sodalizio criminale che all’epoca era ancora un unico blocco monolitico – e l’altra nei primi giorni di maggio. Proprio quest’ultimo episodio è quello connotato da maggiore violenza e maggiore spregiudicatezza.
La vittima è il titolare di un bar/tabacchi che il 5 maggio si è ritrovato la camorra addosso. Gli Scafo, per l’esattezza. Gente storicamente al soldo dei Vollaro. Gente storicamente violenta e spregiudicata, cui i vertici del clan hanno da sempre delegato la commissione di estorsioni. Una mattina l’uomo si è ritrovato braccato in strada, costretto a salire in macchina, incappucciato e condotto in un luogo a lui oscuro dove – bloccato per venti minuti – gli sono state rivolte minacce di morte e pressanti richieste di pagamento del ‘pizzo’ al fine di sostenere i detenuti. Da lì in poi si sono susseguiti giorni di terrore, di ‘visite’, di trattazione sull’importo da corrispondere. Una settimana da incubo, cominciata il 5 maggio e terminata questa mattina con l’arresto, su decreto di fermo, dei responsabili dell’aggressione estorsiva: tra i destinatari Salvatore Scafo e Gabriele Contino. Contro di loro ci sono le dichiarazioni della vittima e il riconoscimento fotografico da lei operato. Elementi di indagine blindati. Come blindati sono gli elementi che nel 2017 ha offerto un’altra vittima del pizzo, che ha dato la stura all’attività investigativa testimoniando così l’importanza della collaborazione delle vittime della camorra per aiutare inquirenti e investigatori nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Attraverso le intercettazioni, gli inquirenti sono riusciti a individuare il ruolo di un uomo che faceva da ‘gancio’ tra i camorristi e gli imprenditori da spremere come limoni. Così come sono riusciti ad individuare il luogo che alcuni esponenti del clan avevano eletto a sede di ‘riunione’ ove concertare le estorsioni da compiere. Un quadro a tinte fosche che non è ancora compiuto. La corposa inchiesta ha restituito numerosi spunti sui quali sono ancora in corso indagini. (Leggi gli aggiornamenti: Tra gli arrestati il ras Carlo Vollaro e il rivale Umberto Luongo. Il boss Vollaro intercettato: «Adesso qui ci sto io» | I nomi degli arrestati)
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giovedì, 14 Maggio 2020 - 12:57
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