Il sottosegretario agli Interni Achille Variati dice che v’è stato un «accordo» tra Governo e Regioni sulla data per il voto legato al rinnovo dei Consigli regionali, ma a guardare il coro di disappunto che s’è levato pare proprio che l’accordo non è mai stato raggiunto. Questa mattina, durante la seduta della Commissione Affari costituzionali della Camera che sta esaminando il decreto sul rinvio delle elezioni in autunno, Variati ha anticipato che si andrà alle urne il 20 e il 21 settembre, sottolineando che questa è una scelta condivisa. Da chi, però, non è dato saperlo.
Certamente non da Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, che diverse settimane fa aveva chiaramente indicato al Governo come la data più opportuna – alla luce del particolare scenario di emergenza sanitaria – fosse fine luglio, bocciando apertamente un’ipotesi di voto a metà settembre. Critiche alle parole di Variati si sono levate anche da Stefano Bonaccini e da Giovanni Toti, che non parlano semplicemente da governatore dell’Emilia Romagna e della Liguria, quanto piuttosto da presidente e da vicepresidente della Conferenza delle Regioni, e dunque a nome di tutti i presidenti di Regione. «Leggiamo le dichiarazioni del rappresentante del Governo che parla di accordo tra esecutivo e Regioni sulla data del voto il 20 settembre. Ma in realtà non c’è stato alcun accordo formale – dicono Bonaccini e Toti – Cinque delle sei Regioni chiamate alle urne avevano indicato ufficialmente altre date: il 26 luglio, il 6 settembre o al massimo il 13 settembre. Il 20 settembre è una data dunque che non era ricompresa tra quelle indicate, che peraltro impedisce la riapertura di un anno scolastico, già di per sé molto difficile. Inoltre si tratta di una data a ridosso di ottobre, mese nel quale, stando alle relazioni del Comitato tecnico-scientifico del Governo, potrebbe riproporsi il Covid». Un inciso: al voto sono chiamate Campania, Veneto, Liguria, Toscana, Puglia e Marche.
Per Toti e Bonaccini la data del 20 settembre è, inoltre, quantomai tardiva: «Tale data cade ben quattro mesi dopo la scadenza naturale delle legislature regionali: mentre i cittadini stanno ormai tornando ad una vita normale, agli stessi viene impedito per quattro mesi di votare. La decisione del Governo va contro ogni pronunciamento delle Regioni su una loro specifica competenza. Chiediamo una riunione urgente della Conferenza Stato-Regioni per ripristinare un leale dialogo tra le istituzioni su un tema così delicato».
La decisione di tornare alle urne a settembre per le Regionali è stata contestata anche dal deputato e responsabile nazionale del Dipartimento Affari costituzionali di Forza Italia Francesco Paolo Sisto intervenendo in Commissione Affari costituzionali alla Camera: «Nonostante sia il premier Conte sia il Pd, con il capogruppo in I Commissione Ceccanti, avessero assicurato che la data del voto sarebbe stata concordata tra tutti i partiti di maggioranza e opposizione, stiamo assistendo a un vero e proprio colpo di mano da regime antidemocratico».
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martedì, 26 Maggio 2020 - 17:31
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