Corrado Augias su Repubblica e Guido Tonelli sul Corriere della Sera hanno entrambi lanciato una proposta: quella di istituire un giorno del congedo e della memoria per ricordare i tanti, troppi morti di coronavirus o d’altro male, ma comunque scomparsi in questa brutta stagione che speriamo, con le dovute prudenze, di poterci lasciare presto alle spalle.
Occorre sostenerla e farla arrivare, attraverso una campagna di stampa, a Palazzo Chigi. Non importa chi sia stato il primo ad averla, serve piuttosto che la condividano in molti perché effettivamente si realizzi.
Il doveroso “distanziamento sociale” tra le persone ha colpito al cuore la socialità dell’uomo, ossia la sua stessa essenza. Peggio, per completare il senso di angoscia, che siano rimasti chiusi i cimiteri, che non si siano potuti celebrare i riti dell’ultimo saluto, che rafforzano (nel legare chi resta e chi se ne va) il nesso inscindibile tra le generazioni umane, la “social catena”, come la definiva Giacomo Leopardi ne La Ginestra. Un poeta a lui contemporaneo, Ugo Foscolo, ha dal suo canto celebrato i Sepolcri, come deposito simbolico e visibile di affetti e memorie e paventato, nostalgico della natia Zacinto, una propria (prescrittagli dal Fato, come qui scrive) “illacrimata sepoltura”.
Il tema è però antichissimo, di molto antecedente alla nascita di Cristo: Antigone viene sacrificata dallo zio Creonte per essere stata sorpresa a seppellire il fratello Polinice; Tucidide ― parlando della peste di Atene del 430 a, C. – ricorda i cadaveri insepolti, Manzoni, nei Promessi Sposi, quelli anonimi portati via sulle carrette dopo la peste seicentesca di Milano. È ritornata oggi la sventura in questa città da tanti amata e tutti ricordiamo le immagini dei camion militari che, muovendosi da Bergamo, portavano via le ceneri dei defunti morti per il Covid 19, senza alcun accompagnamento e senza lacrime di affetti, amici, parenti.
Che si creda o no in una sopravvivenza oltre la morte del corpo, il rito del passaggio del testimone è fondamentale per costruire la civiltà. Ci sono addirittura studiosi che collegano l’etimologia di homo alla pratica dell’in-umare, riconsegnare alla terra (con cui è stato creato Adamo, secondo il racconto biblico) le spoglie del defunto, perché il ciclo della vita ricominci e si trionfi comunque sulla morte.
La proposta di istituire un giorno del ricordo per fratelli e sorelle in umanità ha dunque dalla sua parte ottime ragioni. Affidarla a un giornale che si occupa per suo statuto di problemi giudiziari permette inoltre di ricordare anche gli avvocati caduti per questo morbo e assieme la necessità di riaprire i tribunali, luoghi istituzionali nei quali si prova a rendere Giustizia e riparare i torti, anche se troppo spesso non vi si riesce.
*docente di Diritto pubblico comparato
all’Università Federico II di Napoli
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mercoledì, 27 Maggio 2020 - 12:00
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