Un pacchetto di duemila/tremila voti. Da spostare all’occorrenza sul candidato migliore, laddove per migliore si intendeva il candidato disposto a scendere a patti con la camorra. E’ la forza elettorale che il boss Pasquale Puca era in grado di esprimere a Sant’Antimo, tanto che nell’ambiente della criminalità organizzata si era soliti dire che Pasquale Puca «ha un suo partito». Una forza elettorale della quale, negli anni, si sarebbero avvantaggiati i Cesaro che politicamente hanno sempre dettato legge nel comune dell’hinterland a nord di Napoli e che in questa realtà territoriale hanno anche importanti società, come il noto centro Igea.
Sono i collaboratori di giustizia a disegnare questo scenario di commistione tra politica e camorra che adesso è uno dei pilastri della maxi-inchiesta ‘Antimeo’ e che rappresenta il cuore dell’accusa di concorso esterno in associazione di stampo mafioso mossa ai quattro fratelli Cesaro, uno dei quali (Antimo) è finito in carcere, altri due sono stati posti ai domiciliari (Aniello e Raffaele) mentre il senatore di Fi Luigi Cesaro è in bilico (la procura ha chiesto il carcere ma il gip si è riservato di decidere).
E’ il 2013 quando il pentito Giuseppe Perfetto spiega alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli il meccanismo dell’ingerenza del clan Puca nelle elezioni amministrative e chiama in causa i fratelli del senatore Luigi Cesaro, sostenendo che la lista compilata dai Cesaro venisse solitamente appoggiata dai Puca. Perfetto descrive i contesti degli incontri, precisa di avere visto coi propri occhi Antimo Cesaro, nonché Aniello e Raffaele incontrarsi con Puca ma chiarisce subito di non avere mai assistito ad alcun incontro né di avere chiesto resoconti in merito perché «Puca era molto riservato su queste cose qua». Quanto a Luigi Cesaro, Perfetto sottolinea di non averlo mai visto. «Gigino non l’ho mai visto – è il passaggio di uno degli interrogatori resi da Perfetto – Ho visto a Antimo, a Raffaele e Aniello, che io lo chiamavo Tano Cariddo a questo, perché faceva proprio la parte del film ‘La priova’, di Tano Cariddo. Questi venivano a parlare…». Perfetto si dice certo che alcuni degli incontri vertessero sulle elezioni. «Puca Pasquale a Sant’Antimo ha un partito. Un partito che va dai 2mila ai 250 voti. Ogni volta che si fanno le elezioni Pasquale inserisce nell’amministrazione 4/5 consiglieri… Questo lo so perché quando fa le liste io mi sono sempre trovato, i nomi, chi cancella chi non cancella, poi veniva uno dei candidati, anche spesso sono parenti, molti sono parenti suoi, per mettere un potere, diciamo sull’amministrazione…(…) La lista che lui faceva, che si presentava lista civica, si alleava coi Cesaro, per fare fuori la sinistra».
Quattro anni dopo ci pensa il pentito Claudio Lamino a fornire nuove indicazioni sul rapporto tra politica e camorra in relazione alle elezioni e anche Lamino, come Perfetto, lega il nome dei Cesaro a quello dei Puca. Di più: Lamino afferma senza mezzi termini che l’elezioni a sindaco di Luigi Cesaro del 2004 fu frutto di una chiara manovra messa a segna con l’aiuto con la cosca di Pasquale ‘o minorenne. Alla guida del Comune, racconta Lamino, vi era un sindaco di centrosinistra che si decise di fare cadere spingendo i consiglieri di opposizioni alle dimissioni. Solo un consigliere non era d’accordo e per spingerlo a fare un passo indietro il padre del politico venne ‘avvicinato’ da Pasquale Puca. Con il termine dell’incarico della giunta di centrosinistra, vi furono nuove elezioni che portarono Cesaro alla guida del Comune. Lamino fornisce dettagli anche in riferimento alle elezioni del 2017, ma precisando sempre di avere appreso le informazioni in suo possesso da terze persone. E queste informazioni collocano le riunioni ‘politiche’ sia all’interno del mobilificio di Di Lorenzo sia presso il centro Igea gestito da Antimo Cesaro. In merito alle elezioni del 2012, invece Lamino sostiene di essere stato coinvolto in prima persona nella compravendita dei voti. «Su indicazione di Lorenzo Puca (figlio del boss Pasquale, ndr), all’epoca latitante, mi sono recato a prendere 20mila euro da Antimo Cesaro che me li consegnò durante un incontro avvenuto all’Igea».
Nel 2016 arrivano anche le dichiarazioni del pentito Ferdinando Puca, il solo a sostenere di avere incontrato personalmente Luigi Cesaro e di avere ‘trattato’ con lui per truccare le elezioni. «Nel 2011/2012 fui convocato nuovamente, questa volta proprio a casa di Luigi Cesaro che mi chiese ovviamente come esponente del clan Puca di ‘appoggiare’ la campagna elettorale di una persona che loro portavano come sindaco. In quella occasione mi diede 10mila euro e mi disse specificamente come dovevo fare per manipolare la campagna elettorale», dice Puca. E il pentito è dettagliato nel ricostruire anche il modus operandi: «Cesaro mi disse che dovevo comprare le schede elettorali, infatti mi diede i 10mila euro per effettuare l’acquisto, avremmo poi dovuto verificare se qualcuno vendeva due volte le schede elettorali così alternando il numero, l’avremmo dovuto picchiare ed avremmo dovuto controllare, il giorno delle elezioni, tramite una persona fuori al seggio, che i soggetti contattati al quale davamo 50 euro a persona mentre il galoppino prendeva 10 euro, dovevamo poi controllare la corrispondenza tra i votanti da noi pagati ed i voti effettivamente presi». L’operazione, dice Puca, andò a buon fine perché «il soggetto fu eletto» e «Antimo e Luigi Cesaro mi ricompensarono dandomi 35mila euro».
Le dichiarazioni di questi tre pentiti rappresentano la cornice entro la quale si dipana il quadro della ipotizzata commistione tra politica e camorra per inquinare le elezioni. Un quadro nel quale si innestano le intercettazioni, alcune delle quali ‘captano’ la viva voce del parlamentare Luigi Cesaro mentre parla con un altro esponente locale di Forza Italia e con l’imprenditore Francesco Di Spirito, quest’ultimo considerato la cerniera tra il clan Puca e i Cesaro sul fronte degli interessi elettorali.
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martedì, 9 Giugno 2020 - 17:06
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