Sarà il processo a diradare le ombre, le tante ombre, che hanno accompagnato la ricostruzione dell’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, il 35enne di Somma Vesuviana ammazzato nel luglio dello scorso anno a Roma, con 11 coltellate, mentre era impegnato in un’operazione in borghese.
Saranno le testimonianze dei carabinieri, legate all’obbligo di dire tutta la verità, a consentire di inserire ogni tassello al suo posto. Quei tasselli che i giornalisti difficilmente sono riusciti ad incastrare nell’immediatezza dei fatti, vuoi perché sulla vicenda è stato alzato un muro da parte dell’Arma vuoi perché alcuni dei protagonisti di questa drammatica storia non hanno raccontato immediatamente la verità. Basti pensare al collega di Rega, che ha giurato e spergiurato di essere armato al momento dell’operazione quando invece è stato accertato che, al pari di Mario Cerciello Rega, non aveva l’arma con sè.
Oggi è emerso che tra le persone interessate da quella strana operazione c’era effettivamente un informatore delle forze dell’ordine. Si tratta dell’uomo che avrebbe dovuto cedere droga a Finnegan Lee Elder e Gabriel Christian Natale Hjorth, i due giovani statunitensi oggi imputati per l’omicidio di Mario Cerciello Rega.
A confermarlo un militare dell’Arma sentito nel settembre scorso a sommarie informazioni dalla Procura e il cui verbale e’ stato depositato oggi nel processo che si svolge a porte chiuse. Dell’esistenza di questo verbale aveva parlato il colonnello Lorenzo D’Aloia, comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Roma, sentito nelle scorse udienza. Il documento è stato acquisito oggi dalla Corte d’Assise di Roma e messo a disposizione delle parti.
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venerdì, 19 Giugno 2020 - 19:18
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